Intervista sul femminismo, 18 agosto 1974 su Amica: Ci dica Pasolini, è con noi o contro di noi?
- Città Pasolini

- 14 ott
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Aggiornamento: 18 ott

Pier Paolo Pasolini, personaggio complesso e regista scomodo del cinema italiano, ha rischiato di incorrere in nuovi problemi giudiziari: il suo ultimo film, Il fiore delle mille e una notte, è stato denunciato per oscenità ancor prima della sua distribuzione e della programmazione nelle sale.
A presentare la denuncia è stata una signora milanese che, dopo aver assistito all’anteprima dell’opera, svoltasi a Milano lo scorso mese, si è dichiarata «mortificata». Tuttavia, il sostituto procuratore Giovanni Caizzi ha ritenuto che il film non fosse né osceno né indecente, chiedendo pertanto al giudice istruttore l’archiviazione della denuncia. Pasolini ha potuto così tirare un sospiro di sollievo.
Il fiore delle mille e una notte, vincitore del Premio speciale della Giuria all’ultimo Festival di Cannes, era stato presentato insieme a un breve documentario del regista dedicato alle bellezze architettoniche e urbanistiche di Sana’a, l’antica capitale dello Yemen.
È stato proprio in quell’occasione che Pasolini ha espresso le sue idee sul mondo contemporaneo e sulla condizione della donna, rispondendo alle domande di una nostra lettrice, Cristina Peroni.
Il carattere filantropico dell’anteprima – il cui incasso era destinato alla realizzazione di un cortometraggio ecologico – e il lungo peregrinare della troupe attraverso lo Yemen del Nord e del Sud, l’Eritrea, la Persia e il Nepal, per portare a termine l’opera, non sono bastati a far desistere l’intollerante spettatrice dalla denuncia.
Pasolini ha respinto con decisione le accuse e, nella nostra intervista, ha illustrato la propria linea artistica e la visione del mondo che la sostiene.
«AMICA»: Che cosa rappresenta per lei Il fiore delle mille e una notte? Esiste un significato particolare in questo suo lavoro?
PASOLINI: Questo mio ultimo film è una variazione sul discorso iniziato con Il Decameron e proseguito con I racconti di Canterbury. Fin dall’inizio avevo previsto una trilogia ispirata a tre capolavori della letteratura erotica mondiale, ciascuno dei quali ha dato origine a una tradizione letteraria autonoma. I temi di fondo sono analoghi: si tratta di film in cui il protagonista è il popolo, rappresentato nella sua realtà fisica e quotidiana, e in cui il sesso è trattato in modo libero e gioioso.
«AMICA»: Pensa di realizzare altri film con protagoniste femminili?
PASOLINI: Ho in programma due film. Il primo è la storia di San Paolo, raccontata con una certa angolazione critica, come un pamphlet piuttosto violento contro il Vaticano e la Chiesa. In questo film le donne sono quasi assenti, perché San Paolo era misógino e antifemminista: vi compaiono soltanto alcune donne che lo aiutano nelle collette, ma senza ruoli di rilievo. Il secondo progetto ha invece come protagonista Eduardo De Filippo nei panni di un Re Mago che segue una cometa – simbolo della gelosia – attraverso esperienze diverse di realtà e di società. In un certo momento apparirà anche Silvana Mangano, nel ruolo della regina o presidentessa, la guida di questa città simbolica.
LO STESSO GUSTO FIGURATIVO
«AMICA»: Dopo i suoi primi film (Accattone, Mamma Roma), come mai è passato a un’immagine così estetizzante?
PASOLINI: Se lei rivedesse Accattone, si accorgerebbe che non esiste poi una grande differenza rispetto ai miei film più recenti: l’ho rivisto da poco e il gusto figurativo è lo stesso. In Il fiore delle mille e una notte il paesaggio, essendo esotico, colpisce maggiormente, ma in Il Decameron il gusto visivo è molto simile. Sono cambiati i costumi, certo, ma questi influiscono solo in modo superficiale, non sostanziale.
«AMICA»: Quando crea un personaggio femminile, tende a identificarsi con esso?
PASOLINI: Scrivendo anche in versi, quando devo parlare in prima persona lo faccio direttamente. Nei miei romanzi e nei miei film narrativi, invece, i personaggi sono per me oggettivi: li ho incontrati o osservati nella realtà. Alcuni li ho conosciuti personalmente, ma non mi identifico mai in loro.
«AMICA»: Qual è, nella storia o nella letteratura, la figura femminile che più le piace, e perché?
PASOLINI: Non è facile rispondere, perché la repressione della donna è stata enorme nei secoli e solo recentemente le donne sono riuscite a emergere nella letteratura allo stesso livello degli uomini. Pochissime, nella storia, sono giunte al potere; e, quando ciò è avvenuto, spesso hanno assunto tratti maschili, sostituendo gli uomini con un certo fanatismo. Tra le scrittrici, posso citare Emily Dickinson, oppure – ancora di più – [...]
PASOLINI: Mary Anne Moore è un tipo di donna che trovo meravigliosa: una grandissima poetessa, che non ha nulla da invidiare ai più celebri poeti anglosassoni contemporanei.
«AMICA»: La consuetudine di alcune donne di parlare delle proprie esperienze sentimentali, anche scrivendo ai settimanali femminili, le sembra un fatto positivo o negativo?
PASOLINI: Mi sembra un fatto molto positivo, perché il parlare, l’esprimersi, il raccontarsi, il non aver paura di manifestare i propri sentimenti è una cosa bella. Il problema è fino a che punto queste donne siano sincere: che parlino e si confessino va benissimo, ma occorre vedere se lo fanno con autenticità.
«AMICA»: Secondo lei, la donna ha bisogno di una stampa propria, visto che quella tradizionale è scritta in chiave maschile?
PASOLINI: Purtroppo, nella situazione attuale, sì: la donna ha bisogno di una stampa propria. Tuttavia, ritengo che ciò rappresenti un errore della nostra società. Significa infatti che la donna vive ancora chiusa in un ghetto, con un linguaggio e un modo di esprimersi separati dal resto. Non è giusto: il tipo di informazione dovrebbe essere identico per uomini e donne.
«AMICA»: In questo senso, dunque, lei si considera femminista?
PASOLINI: In questo senso sì, si può dire che io sia femminista. In realtà, però, sono piuttosto critico nei confronti del movimento femminista. A mio avviso esso commette l’errore opposto: reagisce in modo estremistico alla situazione reale. Invece di lottare insieme con gli uomini per una società in cui entrambi siano uguali, crea un mito femminile che si oppone, in modo speculare, al mito maschile.
«AMICA»: Qual è, secondo lei, il senso del peccato in ambito sessuale?
PASOLINI: Il peccato è un concetto relativo, legato alle diverse società. Ciò che in una cultura è considerato grave, in un’altra può non esserlo affatto. Da questo deriva anche la natura sociale dell’idea di colpa, che nasce dalla trasgressione di norme imposte dai padri.
«AMICA»: Considera il femminismo positivo o negativo per la donna e per il rapporto uomo-donna?
PASOLINI: Il femminismo ufficiale, così come oggi si presenta, è negativo, perché impone moralismi, esigenze, canoni e formule alle donne, accrescendo soltanto la confusione e la tensione. Vi è però un femminismo più semplice, come quello dell’UDI – il movimento delle donne comuniste – che considero giusto: esso aiuta la donna a risolvere i propri problemi sociali.
LA DONNA-TIPO E LA DONNA VERA
«AMICA»: Esiste una differenza tra la donna reale e quella rappresentata dai giornali femminili?
PASOLINI: Leggo poco i giornali femminili, ma direi che sia nella stampa femminile sia in quella maschile la donna è rappresentata come carina, disinvolta ma non troppo. Anche l’uomo, del resto, è rappresentato nello stesso modo. In fondo, questa questione dei modelli maschili e femminili riguarda entrambi i sessi: è una falsità tipica dell’epoca industriale, in cui il potere vuole che l’uomo sia un consumatore. Per questo propone modelli di consumatori e consumatrici.
«AMICA»: Questo insistere dei giornali femminili sulla bellezza e sulla giovinezza modifica la percezione della donna? Non è forse sbagliato proporre modelli irraggiungibili?
PASOLINI: Chi crea questi modelli è la grande industria, o anche quella media: è il nuovo potere, non facilmente definibile. Un tempo il potere includeva anche la destra classica, cioè il Vaticano, l’esercito e così via. Oggi non è più così.Chi diffonde tali modelli non si preoccupa affatto se le masse li raggiungano o meno: ciò che importa è che cerchino di imitarli, perché così acquistano le scarpe, la biancheria, i profumi, le motociclette, i frigoriferi che vengono loro proposti.
A questo livello, non c’è differenza tra uomini e donne: il modello maschile proposto è analogo a quello femminile. Ciò che conta è lottare con le armi culturali e “sottopolitiche”, direi. Tuttavia, è difficile indicare il metodo migliore: si rischia di cadere nel donchisciottismo e di confessare la propria impotenza. Comunque, bisogna combattere attraverso la critica e la cultura, esercitando un giudizio costante e profondamente consapevole sugli avvenimenti e sui fenomeni sociali. Ma chi ha interesse a farlo? Pochi intellettuali impotenti di fronte al massiccio attacco del potere industriale.
«AMICA»: Che cosa rappresenta per lei la figura materna? Trova giusto che la donna cerchi di sottrarsi a un destino prevalentemente materno?
PASOLINI: No, non lo trovo giusto. Va certamente modificato, ma non negato. Esistono modelli convenzionali di madre, così come di figlia o di donna in generale, di cui bisogna liberarsi. Tuttavia, oggi è ancora ingiusto rifiutare il modello della madre in sé.
Per me la figura materna è molto importante, e non in senso convenzionale: io ho avuto una madre-bambina, non una madre-mamma. Questo ideale di “madre-bambina” lo considero molto bello, e mi dispiace pensare che le donne vogliano abbandonarlo.
Pier Paolo Pasolini, in giacca di jeans délavé, pantaloni scuri e occhiali dalla spessa montatura — che si toglie e rimette di continuo, quasi con un gesto meccanico — appare visibilmente commosso al ricordo della madre. Forse, in quel momento, rivede in una rapida “carrellata” la propria infanzia a Bologna e, dopo varie peregrinazioni di città in città al seguito del padre ufficiale, il ritorno nella città natale, dove frequenta Lettere all’Università. Seguono alcuni anni nel Friuli, a Casarsa, paese d’origine della madre.
È proprio qui che Pasolini scrive i suoi primi versi, raccolti in Poesie a Casarsa. Successivamente si trasferisce definitivamente a Roma, dove vive all’EUR, “fra il Tevere e il mare”. Qui inizia la sua carriera cinematografica, utilizzando — come ama dire — “la macchina da presa come un blocco di appunti”. Pasolini, infatti, fa tutto da sé: scrive la sceneggiatura, sceglie gli attori, dirige e si occupa personalmente del montaggio. Nei momenti di riposo ama passeggiare a lungo e, la sera, cenare con pochi amici fidati, tra i quali Moravia, Bertolucci ed Elsa Morante.
SMALIZIATO E INGENUO
Regista e poeta insieme, Pasolini appare, anche nel corso di una breve intervista, ingenuo e smaliziato, moralista e permissivo: ma soprattutto sembra circondato da una sorta di grazia che traspare dalle sue parole, dai suoi modi, dalle pause quasi incantate della conversazione. Per lui, «la donna è serva e regina, schiava e angelo».
«AMICA»: Qual è, secondo lei, il limite della permissività?
PASOLINI: Non dovrebbe esserci alcun limite, e non si dovrebbe nemmeno parlare di “permissività”. Dovrebbe essere naturale che un uomo permetta a un altro di agire, di esprimersi, di dire ciò che vuole. Essere “permissivi”, che cosa significa? Permettere qualcosa, concedere il permesso come un padre che può o picchiare o approvare.
«AMICA»: Che cosa pensa dei giovani d’oggi?
PASOLINI: Il problema è vastissimo: dovrei partire dal ’68, e in un’intervista è difficile farlo. Dei migliori ho grande simpatia: sono migliori dei giovani di una volta, perché più disperati, più consapevoli, più precoci e, per questo, più commoventi. I peggiori, invece, sono molto peggiori. In passato la maggioranza dei giovani era più innocente, e per me l’innocenza è una qualità splendida. Oggi questa innocenza si è perduta: sono continuamente sollecitati, turbati dall’ansia di consumare, di essere “alla moda”. Sono diventati nevrotici, e la nevrosi genera senso di colpa; il senso di colpa li rende presuntuosi, e così nasce una catena angosciante di comportamenti.
«AMICA»: Che cosa pensa del film Il portiere di notte?
PASOLINI: È un film bellissimo. Ho visto di recente anche Milarepa, sempre della Cavani: è più bello, più assoluto, uno dei film più notevoli degli ultimi vent’anni. Il portiere di notte è meno puro, ma certo la figura femminile è splendida e l’idea del film — questa degradazione, questa situazione storicamente superata che ritorna in modo così atroce — è molto affascinante. Ha però, direi, alcuni orpelli narrativi che in Milarepa non ci sono.
"MESSAGGIO" CONTESTATO
L’ultimo film di Pasolini, Il fiore delle mille e una notte — di cui a lato vediamo una scena — è stato contestato a Milano, alla sua anteprima nazionale, dopo avere già suscitato polemiche al Festival di Cannes.
La pellicola, liberamente ispirata ad alcune delle celebri novelle orientali di Le mille e una notte, racconta, in chiave favolistica, una serie di episodi erotico-amorosi, incastonati l’uno nell’altro. Stregoni, principi, schiavi, predoni e amanti si alternano in un intreccio di passioni che alcuni hanno giudicato eccessivamente audace. Così il messaggio di Pasolini — «una sessualità felice perché primitiva» — si è scontrato con una denuncia per oscenità, avanzata da una spettatrice.
Il sostituto procuratore della Repubblica, tuttavia, ha chiesto l’archiviazione, riconoscendo nel film “un’ispirazione non comune”.
PERCHÉ È STATO DENUNCIATO "IN ANTEPRIMA"
Pier Paolo Pasolini è incappato ancora una volta, per la sua attività di regista, in una vicenda giudiziaria. Questa volta, tuttavia, la particolarità sta nel fatto che la denuncia è partita prima della distribuzione del film Il fiore delle mille e una notte.
Una spettatrice, che aveva assistito all’anteprima milanese, si è recata subito dopo dal procuratore della Repubblica per presentare denuncia. Quest’ultimo ne ha poi chiesto l’archiviazione, ma resta significativo il principio giuridico affermato: la denuncia per oscenità è stata formulata a seguito di una proiezione in anteprima.
Forse la spettatrice si attendeva un film “per educande”. Se è così, alla base della sua iniziativa vi è quantomeno un difetto di cultura e di informazione: né le antiche storie di Le mille e una notte, né l’interpretazione che di esse poteva dare un artista come Pasolini, autorizzavano ad aspettarsi uno spettacolo privo di eros.
In ogni caso, l’azione della signora — che aveva intravisto nel film una violazione dell’art. 528 del Codice Penale, relativo alla pubblica oscenità — era, sotto il profilo formale, ineccepibile.
Non deve sorprendere, dunque, che il film sia stato tacciato di oscenità prima della sua effettiva distribuzione: la legge, infatti, considera sufficiente, ai fini del reato, la pubblicità dello spettacolo, e questa era indubbia durante la serata milanese.
Resta il fatto che, anche ammesso l’ipotetico reato, l’elevato valore artistico del film — come di tutta l’opera di Pasolini — e le sue precedenti assoluzioni in casi analoghi inducono a considerare questa denuncia un “infortunio prematuro” per un autore che, ancora una volta, ha pagato il prezzo della sua libertà creativa.
Ci dica Pasolini, è con noi o contro di noi?, intervista sul femminismo, a cura di Mariateresa Clerici, su Amica: 18 agosto 1974, pp.22-25











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