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Pasolini: finché ci sarà il capitalismo ci sarà il fascismo, un saggio del 1960 su "Il reporter"

Immagine del redattore: Città PasoliniCittà Pasolini


Pier Paolo Pasolini nella prima del "Decameron" al Festival Internacionale di Berlino (1971) © Ullstein Bild/Bild Studio/Tutti i diritti riservati


Da alcuni anni quell'atroce fenomeno di malvagità e idiozia che è il fascismo sembrava assopito e superato: diventato insomma un fatto di nostalgia, come si dice, démodé, patinato di vecchio, ormai, come un mobile liberty: e, come tale, ormai inoffensivo, malgrado la sua bruttezza morale.


Ci eravamo sbagliati tutti: il fascismo continua a serpeggiare in Italia, in Europa, in America: ed è naturale, il fascismo non è che uno degli elementi ideologici del capitalismo: e finché ci sarà il capitalismo ci sarà anche il fascismo a difenderlo, a preservarlo, ad avallarlo. Questa è la diagnosi più elementare che si possa fare: ormai certe diagnosi marxiste sono diventate assolute e credo che nessuno potrebbe non sottoscriverle ormai pacificamente.


In quanto categoria, il fascismo esiste precedentemente al fascismo storico: è una deformazione psicologica senza la quale il fascismo storico non potrebbe esistere. In Italia, il fascismo ha potuto esistere perché c'erano dei fascisti in malafede, che erano l'enorme maggioranza: qualunquisti, cinici, opportunisti, servili; e perché c'erano dei fascisti in buona fede- in numero molto minore, per fortuna, data l'origine patologica della loro follia politica.


È un infantilismo crudele, malvagio, stupido che presiede a tutte le follie razziste di questi ultimi anni: deriva da casi patologici particolari, casi di sadismo, casi di inversioni represse ecc. ecc.: insomma da una sostanziale anormalità di certi individui, che, non accettandola, rimuovendola, diventano- come spiega la scienza- dei nevrotici o dei paranoici; e che tuttavia- appunto perché anormali - si aggrappano ferocemente alla norma, se ne fanno sacerdoti; ricattano così moralmente chi è normale, ma criticamente e intellettualmente debole - le masse - e se lo fanno alleato contro l'anormalità che è dentro di lui, inconscia, e che egli vede negli altri, facendone oggetto del suo odio, del suo rancore, della sua disperazione.


Simili anormali repressi e moralistici sono per definizione, politicamente, dei reazionari: perché hanno assoluto bisogno, appunto, della norma: del conformismo. E sono continuamente alla ricerca dei capri espiatori, individuandoli in coloro che risultano esplicitamente fuori dalla normalità, diventata funesta e ossessiva regola di vita.


Abbiamo visto, uno dopo l'altro (seguo la cronologia degli ultimi fatti di cronaca) i razzismi contro i negri, contro i teddy. boys (che a loro volta sono fenomeni di razzismo), contro gli ebrei e ora contro gli omosessuali. (A proposito, i deputati missini che hanno presentato una sciocca proposta di legge contro questi ultimi, si sono dimostrati privi, oltre çhe di un, anima anche di un cervello: non hanno capito che almeno l'ottanta per cento degli omosessuali vota per loro: appunto per quello che dicevo prima, che chi è fuori dalla nonna, la ricerca disperatamente altrove, e specialmente nel campo sociale e politico.)


Pier Paolo Pasolini da "Una rapina fallita due volte" in "Il Reporter», 8 marzo 1960, adesso in "Saggi di maturità", in "Pasolini. Saggi sulla letteratura e sull'arte", vol. II, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori, I Meridiani, 1999, pp.2280-2284.

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