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Pier Pasolini su Giuseppe Ungaretti (1969). Imbarazzante innocenza, Il caos.


Immagine: Pasolini insieme a Ungatetti nella prima di Mamma Roma, nel Festival di Venezia (1962) © Archivio Giancolombo/Riproduzione riservata


IMBARAZZANTE INNOCENZA

É uscita la "Vita d'un uomo", comprendente tutte le poesie di Ungaretti (Mondadori). É un avvenimento. Ho consultato il libro come un oracolo, per capire qualcosa di un fenomeno che ha molto occupato la mia vita, soprattutto nella sua prima parte. Che strano oracolo!

Ora non mi rispondeva; ora rispondeva con le stesse identiche parole di venti o trenta anni fa; ora rispondeva con aria sorridente e pazza; ora rispondeva con un balbettio come di agonizzante preso dai suoi interessanti e incomunicabili sogni; ora rispondeva senza parlare, come un film da cui fosse improvvisamente caduta la colonna sonora; ora rispondeva danzando e facendo l'occhietto da lontano; ora rispondeva facendo il serio, il professore, il Don Ferrante; ora rispondeva tentando una lezione; ora rispondeva dando le vecchie risposte di un bambino irresponsabile e impunito.

Non ne ho ricavato nulla, quanto a risposte.

Anche le domande che esso poneva a me, erano domande a cui non si poteva rispondere. Non capisco come la borghesia italiana sia riuscita, in qualche modo, a fare di Ungaretti un poeta ufficiale, a cui manca soltanto il Nobel. É vero che Ungaretti non ha molto impedito che ciò avvenisse. Tuttavia il fenomeno rimane strano: primo, perché la poesia di Ungaretti anche quando è grande è caotica, equivoca, bambina, ambigua, demoniaca, ingenua, immatura, incompleta; secondo, perché Ungaretti ha cercato la corona di quercia soltanto con una parte di se stesso, mentre l'altra parte continuava a battere vie per cui non si arriva davvero alle incoronazioni.


Ho capito finalmente - all'esterno del libro, che resta inconoscibile e in fondo neanche analizzabile - come fosse ovvia la maggiore probabilità di accedere ai massimi onori ufficiali da parte di Montale. Montale ha eluso con impareggiabile eleganza le montagne di retorica e di ingenuità che Ungaretti si è ostinato a voler scalare. Così il primo è arrivato all'ordine: il secondo no, mai. Questa "Vita d'un uomo" è un libro impresentabile. Pieno di ripetizioni, di manie, di correzioni, di ritorni infiniti, eterni, capillari su se stesso.


Ritrovi una poesia del '14 alla fine del libro: ma ne avevi già trovato una variante a metà; e dei frammenti qua e là dappertutto; pubblicata e ripubblicata con vari titoli in volumi a loro volta usciti con vari titoli.

Questo lavorio è stato pomposamente reso oggetto di studi di "varianti", come se ciò facesse parte del corredo dell'ufficialità. Quelle "varianti", invece, sono imbarazzanti e basta; per fortuna. Spesso si tratta di pensieri molto semplici, come "la morte – si sconta - vivendo": chi non lo sa? La critica ufficiale italiana ha preso sul serio questa saggezza di ragazzino che fa il saggio, e se ne è riempita la bocca. Le ingenuità di Ungaretti hanno saziato il bisogno inesauribile di banalità della critica piccolo-borghese italiana. Così di Ungaretti è nata un'immagine falsa, che il suo pazzesco "ritorno all'ordine" in tempi di ritorni all'ordine, ha contribuito a costruire; ma la retorica di Ungaretti è imbarazzante come la sua ingenuità. Si colloca su altri campi che non siano quelli della retorica.

Insomma, dopo il solito periodo di incomprensione e odio, che suscita ogni poesia "nuova", la poesia di Ungaretti è stata non solo integrata, ma proposta continuamente come bene nazionale, come convenzione di grandezza: e si capisce il perché: perché essa è una poesia di una totale innocenza, che può essere scambiata per una innocenza di comodo, fatta per essere benedetta dalla società. In realtà questa innocenza (meravigliosa) è anch'essa imbarazzante, perché , come ogni vera innocenza, è spudorata: e inutilmente Ungaretti la copre di veli (spiritualistici e oratori): essa è come un occhio ridarello la cui luce non può essere spenta da nessuna specie di buona educazione.Quanta letteratura ha fatto Ungaretti! Perché egli è pressoché un illetterato. Egli oggi ha ottant'anni: ed è meraviglioso che si possano dire di lui queste cose, con animo sgombro, senza rispetto, e con amore di coetaneo!

Pier Paolo Pasolini Il Caos n. 50 a. XXXI, 13 dicembre 1969
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