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  • Immagine del redattoreCittà Pasolini

Intervista con Laura Betti: Perché riapro il caso Pasolini, Il Corriere (1978)


Laura Betti e Pier Paolo Pasolini a Roma, anni Sessanta © Marcello Geppetti/Titti i diritti riservati

La morte di Pier Paolo Pasolini, 2 novembre 1975, continua a far rumore: o, meglio, i suoi amici intendono continuate a far rumore, mettendo sotto accusa persone e e istituzioni tra cui, principalmente la magistratura. Non si vuole che Pasolini venga seppellito anche dal silenzio. Questa sera si terrà un dibattito alla Casa della cultura di Milano (ore 21 con Giorgio Bocca, Nino Marazzita, Stefano Rodotà, Mario Spinella, Paolo Volponi), ma la principale denunciante, colei che ha mosso tutte le acque ed ha scatenato letterati, giudici, avvocati, è Laura Betti, attrice, cantante, un tempo chiamata "la giaguara". Oggi è più vicina ai cinquanta che ai quaranta, ma non ha smesso di lottare come quand'era in più giovane età. Per parecchi anni si è considerata la sposa di Pasolini e lo ha gridato con tutte le sue forze anche dopo l'assassinio. È lei, Laura Betti, che ha tanto spinto da riuscire a raccogliere, far esaminare e pubblicare i documenti dei processi pasoliniani in un libro il cui titolo dice già tutto: Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte. Edito da Garzanti, in un mese, il libro pe già alla seconda ristampa (I guadagni, però, non andranno agli autori ma alla biblioteca Alessandrina dell'Università di Roma).


Pier Paolo era assetato di vita, spiega Laura Betti, ma negli ultimi tempi sentiva che avrebbe potuto accadergli qualcosa. Nel film "Salò" avremmo dovuto entrare anche io e Ninetto davoli, ma lui non volle. È troppo pericoloso, mi disse. Che qualcosa sarebbe accaduto lo capimmo quando gli furono rubate le pizze del film...Fu una faccenda molto misteriosa.


- Che cosa vuole dimostrare con questo libro?

- Che Pier Paolo è stato ucciso definitivamente in concorso da più persone, come è detto nella prima sentenza del processo contro Giuseppe Pelosi. La sentenza parla di ignoti. Ignoti ma ci furono.


- Sapete chi possono essere questi ignoti?

- No, i miei amici e io, vogliamo stare lontani da atteggiamenti romantici come può essere quello di piccarci di fare un'inchiesta.


- Ma di che cosa potrebbe trattarsi?

- Si tratta di piste molto imbrogliate, molto nere...


- Nere politicamente?

- Io non voglio esprimere giudizi. Diciamo nere, nel senso dell'oscuro. Quell'unica cosa che possiamo sapere è che è stato fatto di tutto, ma proprio di tutto, per cancellare le tracce di questo delitto.


- E chi sarebbe stato a far di tutto per cancellare le tracce?

- Diciamo una rimozione pacificatoria di tutti gli organi che avrebbero invece dovuto contribuire a richiedere le inchieste, a cominciare dalla stampa, di sinistra e di destra. Era comodo per tutti lasciar pensare che Pier Paolo era morto come era morto, perché si pensa che un omosessuale, in fondo, deve fare quella fine...


- Al processo d'appello contro Pelosi, tuttavia gli ignoti scompaiono. Che cosa ne pensa?

- Prima, una cosa: dopo la sentenza del tribunale con la notitia criminis, la magistratura avrebbe dovuto aprire un'inchiesta. L'inchiesta non è stata aperta. C'è quindi una omissione di atti d'ufficio. Nel processo d'appello si parla di ignoti in forma dubitativa. E anche qui la magistratura avrebbe dovuto aprire un'inchiesta. Invece non se n'è fatto niente. L'omissione di atti d'ufficio è un reato. e questo che vogliamo denunciare attraverso la stampa. Vuole un altro esempio?


- Sì

- Due mesi dopo la prima sentenza, apparve una strana lettera anonima, curiosamente attendibile in cui si davano alcuni particolari e si diceva che la macchina di Pasolini, la sera del delitto, era stata seguita da una macchia targata Catania. Un po' dopo, l'avvocato Marazzita, di parte civile, riceveva una lettera, in cui si rivelavano particolari ancora più attendibili. Allora sporse una denuncia alla Procura della repubblica che aprì il fascicolo numero 3639-76. Questo fascicolo finì all'ufficio deleghe, che avrebbe in pratica l'obbligo di affidare l'inchiesta a un magistrato. malgrado le reiterate richieste non l'ha mai fatto. La denuncia è del maggio 1976.


- A parte dunque quello che volete dimostrate, lei che cosa pensa di ottenere in concreto?

- Sono scettica come tutti gli italiani. Forse otterremo poco. Ma penso di ottenere che tutti gli uomini democratici del nostro paese lottino al nostro fianco per ottenere che venga riaperto il caso.


- Lei ha detto e scritto che era sposata con Pasolini: quando si è sposata e come?

- Eravamo sposati nel senso che ci sentivamo molto uniti, come marito e moglie...


- Avreste potuto avere figli?

- Sì, perché no?


- Cosa vuol dire: sì, perché no?

- Pier Paolo avrebbe potuto avere un figlio. Io anche. Diciamo così: io avrei voluto dare un figlio a Pier Paolo.


- E lui?

- C'è stato un momento che credo lui avrebbe voluto averlo. Si parla degli anni del fidanzamento. Ma tutto questo glielo do col filtro dell'ironia: non è che non sapessimo che lui era omosessuale e che io bene o male facevo l'amore con altri. Si trattava di un amore poetico, platonico, burrascosissimo...


- È mai stata gelosa?

- Sì, di Maria Callas.


- Tutti pensano, come peraltro ha ricordato lei, che un omosessuale muoia da omosessuale e, in fondo, che la morte violenta è stata la fine naturale di Pasolini. Alberto Moravia nella prefazione del vostro libro a più voci, criticando naturalmente questa posizione, ricorda che Pasolini era anche poeta, comunista, regista, scrittore, giornalista politico, uomo di teatro. Allora come è morto secondo lei? Da omosessuale, da scrittore, da regista?...

- È morto per tutti questi fattori messi insieme. Parlava, denunciava, diceva. Il poeta Andrea Zanzotto ha detto che Pasolini nel parlare insegnava. Pier Paolo era pedagogo. È morto perché insegnava.


Non so se sia vero. Spesso che insegna è scomodo. Durante un'intervista, dopo l'assassinio, l'attore Franco Citti, un ragazzo di borgata portato al cinema da Pasolini, piangendo gridava: M'ha imparato tutto, m'ha imparato tutto.


Laura Betti e Pier Paolo Pasolini a Roma, anni Sessanta © Marcello Geppetti/Titti i diritti riservati

Mario Pancera. Intervista con Laura Betti: Perché riapro il caso Pasolini. Il Corriere della sera, 9 febbraio 1978, p.2.
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