Immaginate un'estate lontana del tempo di guerra, il pomeriggio d'una domenica, un torneo strapaesano di calcio, i giocatori che escono dall'albergo "Leon d'oro" adattato a spogliatoio e raggiungono il campo dopo aver attraversato i binari della ferrovia, una roggia che sostituisce una doccia. Amplificata da un rudimentale altoparlante, una voce annuncia agli spettatori presenti la formazione della squadra di casa: Morassutti, Rosolini, Casarin, Fantin, Abbondanza, Comin, Pasolini, Bortotto, Cecchet, Bertolin, Ius.
Siamo in Friuli, agosto 1941. E il Pasolini schierato nel ruolo di ala destra è proprio lui, Pier Paolo, universitario diciannovenne. della facoltà di Lettere a Bologna, in vacanza a Casarsa, il luogo di nascita della madre. Quel giorno vinsero per 3-0: due gol di Cecchet e uno di Pasolini su azione personale. Avevano la maglia bianconera come l'Udinese e la Juventus. Affrontavano le trasferte in bicicletta, seguiti da cortei di tifosi urlanti, pronti alle scazzottate e alle assiole.
Il ragazzo che filava velocissimo lungo le linee laterali, piccolo e magro, coraggioso nell'affrontare le mischie e difensori ben più alti di lui, era già un poeta: il suo primo libro "Poesie a Casarsa",sarebbe uscito un anno dopo. Ma i versi, gli studi, le scoperte della letteratura non gli impedivano di coltivare un sogno: diventare un calciatore nel senso pieno del termine, conoscere con la gloria del gol il piacere di essere protagonista davanti alla massa d'uno stadio.
"Io sono tifoso del Bologna. Non tanto perché sono nato a Bologna quanto perché a Bologna sono ritornato a quattordici anni, e ho cominciato a giocare a pallone (dopo aver tanto disprezzato tale gioco - io che amavo giocare solo alla guerra). I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito: ala destra, allora i miei amici qualche anno dopo mi avrebbero chiamato "Stukas": ricordo dolce-bicco. Sono stati indubbiamente i più belli ricordi della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso"
Giulio Nascimbeni "Il Corriere della Sera" tratto da "Quando giocava Pasolini: calci, corse e parole di un poeta" di Valerio Piccioni (1966)
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