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  • Immagine del redattoreCittà Pasolini

La Casarsa di Pasolini dopo la sua morte. Un testo del 1982.


La casa della madre di Pasolini- Casarsa della Delizia (Italia). Photo Reportage - Luglio 1994 © William Gemetti/Tutti i diritti riservati


Le zie di Pasolini, le sorelle della madre, Susanna, abitano ancora la vecchia casa di Casarsa, quasi all'incrocio con la Pontebbana. La casa è rimasta quella dove lo scrittore sfollò con la madre nell'inverno del '43. C'è ancora, di fronte all'ingresso del cortile, un vecchio fico che attorciglia i suoi rami ad un cachi, su in alto, fin sul terrazzo, da dove si vede la via che conduce alla chiesa e la piazza con il mercato. In corridoio ci sono tante fotografie di Pasolini, con la Masina e Fellini, insieme alla Callas. La Callas era andata a Casarsa. Doveva essere una visita discreta, ma la zia Giannina non era riuscita a non dirlo a qualche sua amica e finì che tutto il paese era sulla porta di casa ad aspettare la divina. Ogni giorno inviati, troupes televisive straniere chiedono di vedere le stanze dove Pasolini studiava e scriveva, dove nel '46 aveva fondato la sua Academiuta di lenga furlana. La signora Enrichetta. apprensiva e dolcissima, lascia che sia la sorella a parlare. E lei. la zia Giannina, mostra la cucina di allora, le fotografie del nipote Guido mentre zappa nell'orto. Ricorda: Se mi dai dieci lire, il lavoro lo faccio io, mi diceva, era così bravo, affettuoso. E come l'hanno ammazzato. Rievoca il barbaro episodio di Porzus, quando partigiani comunisti presero prigionieri e uccisero partigiani osovani di Giustizia e Libertà.


Solo ultimamente la zia Giannina è un po' più parca di parole con le troupes televisive, da quando ha scoperto che tutte quelle luci che accendono in casa è poi lei a trovarsele sulla bolletta. Fuori dalla cucina, in un piccolo cortile soffocato dalle nuove costruzioni, c'è ancora il melo selvatico dove sedeva Pier Paolo a lavorare alle sue Poesie a Casarsa, poi pubblicate nel '42 e recensite da Gianfranco Contini un anno dopo. Sotto il melo nascono ciuffi di dalle, che le zie raccolgono e portano al cimitero, appena oltre il paese, dopo i pochi orti rimasti e i grandi campi di granoturco.


Pasolini e la madre riposano vicini, sotto due quadrati di pietra grigia. Non c'era lo spazio per la tomba della madre, ma i1 giovane sindaco di Casarsa ha dato il permesso. Sulla tomba della signora Pasolini c'e la pianta che amava di più: il gelsomino. Su quella di Pier Paolo un grande alloro. Qui da noi — ricorda la zia Giannina — l'alloro non c'è. Lo fece venire un amico di Pier Paolo, Zigaina, da Pistoia.


Ma se è a Casarsa che Pasolini iniziò a scrivere poesie in dialetto friulano, ad aprire un cineclub, dove proiettava film di Fritz Lang e ad organizzare una compagnia teatrale con testi di Eugene O'Neill e altri autori contemporanei, il vero rifugio e paesaggio delle sue prime prove narrative, come Atti impuri e Amado mio, che ora escono da Garzanti, si trova a due chilometri da Casarsa, a Sud della Pontebbana. È un villaggio di poche case, fra campi di meliga, meleti e salici: Versuta. Pasolini lo scopri, durante le passeggiate estive, insieme al giovane cugino Nico Naldini.


Naldini che su curando per Einaudi la raccolta delle sue lettere inedite, si ricorda che Pasolini si fermò ad una curva e fu colpito dalla bellezza povera ed asciutta di una casa contadina, fatta con le pietre grigie del Tagliamento e i mattoni rossi. Fu Naldini che dovette attraversare l'aia, come oggi colorata di gerani, ortensie e melograni, per chiedere alla proprietaria, una contadina di nome Ernesta, se avrebbe affittato una stanza al cugino. In quella stanza, che dapprima servì come studio, Pasolini in seguito andò a vivere con la madre. La signora Ernesta ricorda: di allora, tempi in cui tutti erano molto poveri ma anche allegri. Ricorda lo smarrimento provato quel 2 novembre del 1975 quando le dissero che Pasolini era stato assassinato. Ancora oggi ne è esterrefatta, si copre la bocca con le mani, dice: Era una delle più grandi scienze d' Italia.


A Versuta Pasolini aveva aperto una scuola. Insegnava ai figli dei contadini. Antonio Spagnol, oggi funzionario di una società di assicurazioni a Udine, ieri allievo di Pasolini, ricorda lo scrittore-insegnante: Erano anni di grande crisi, ma Pasolini riusciva a rallegrarli, ad animarli con la sua cultura. Ci faceva studiare, ma poi et portava anche ai balli, alle feste, si parlava fino a notte fonda, lo andavo a scuola da lui con mio fratello. Non ci insegnava, come alle scuole dei paesi vicini, solo Pascoli e Leopardi, ma anche Montale. Penna, Verlaine, Rimbaud. Quando diedi l'esame a Pordenone gli insegnanti rimasero stupiti e infastiditi dalla profondità del programma.


Ma erano anche gli anni in cui, fra autobiografia e romanzo,Pasolini, scriveva Atti impuri e Amado mio, storie cattive, dolorosi idilli omosessuali, sullo fondo della campagna, di ca da l'aga, fra le pietraie calcinate del Tagliamento, i verdi gelsi sulle rogge, i balli e il vino per le piazze dei paesi.


C'è in queste pagine segrete quanto poi diverrà pubblico nel '49 con i fatti di Ramuscello, quando i carabinieri ricevettero segnalazione che: il nominato Pier Paolo Pasolini da Casarsa, circa dieci giorni fa si portò in Ramuscello, dove adescando i minorenni...


Pasolini deve lasciare Casarsa, Versuta, gli amici, smette di insegnare e di fara vita politica, anche i suoi compagni comunisti lo abbandonano costringendolo a lasciare il partito. Va a Roma. Sono anni difficili, tristi, ha bisogno di lavorare. Scrive agli amici. A Silvana Ottieri dice: Il distacco improvviso dal mio mondo mi ha isolato in un altro mondo che mi sembra vuoto e irreale. Ma le scrive anche (come si legge nella lettera che qui pubblichiamo) dei suoi progetti letterari, dei romanzi che ha cominciato a scrivere, dei futuri programmi.


Al cugino Naldini. chiede di mandargli le traduzioni che ha iniziato a fare di Teocrito e Verlaine. Si preoccupa di cose pratiche: Ho avuto una delle solite missive di mio padre, in cui si annuncia la sua incrollabile decisione di vendere i mobili e di andarsene. Sarà bene che tu provveda, ad ogni buon conto, a salvare i miei libri. Potresti metterli un po' nella cucina di zia Giannina e un po' in camera tua: tieni conto che le due scansie son state comprate col soldi di mia madre, e quindi appartengono a noi.


Poi gli ricorda di mandargli subito i quadernetti degli Alti impuri, sul secondo scomparto della libreria.


Con il mondo di Casarsa ha chiuso. Agli amici aveva confidato che non ci sarebbe mai tornato a vivere, neanche dopo aver abbandonalo, come voleva, il cinema per tornare ad essere solo un poeta romanziere. Da Roma si aspetta, in quegli anni, una vita nuova.


Nico Orengo. Pasolini, la mala gioventù, La Stampa, 25 settembre 1982, p.3.
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