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  • Immagine del redattoreCittà Pasolini

Signor Pasolini, ma è proprio sicuro di essere ancora comunista? Intervista dell'ottobre 1964 su Oggi.



Susanna Colussi con Pier Paolo Pasolini nella sua casa romana all'EUR © Jerry Bauer/Riproduzione riservata

Lo sconcertante scrittore continua a raccogliere alti consensi dagli uomini della Chiesa per il suo film sul Vangelo di San Matteo ed ora si prepara a girarne un altro sulla vita di un santo vissuto nel Medioevo. Nello stesso tempo si proclama comunista (pur non avendo più rinnovato la tessera del PCI) ed esprime l'avventata opinione che cattolicesimo e marxismo non siano inconciliabili. "Volevo dare alla vita di Cristo", dice accennando il suo ultimo film, "significati storici e sociali legati alle vicende di questi anni: così i soldati di Erode erano i fascisti e gli ebrei fuggitivi i profughi spagnoli. Ma poi il testo evangelico mi ha preso la mano e non c'è stato niente da fare".


Roma, ottobre


Com'è diverso l'ambiente in cui ci troviamo ora da quello della borgata Gordiani, di Pietralata, del Tiburtino III. Tutt'intorno c'è il modernismo freddo e un po' anonimo dell'EUR, di questo singolare quartiere di Roma che sembra addirittura un'altra città. Dal giardino della casa di Pasolini, sopraelevato rispetto alla strada, la vista spazia lontano, laggiù in fondo a sinistra c'è Ostia, di fronte, separato da chilometri di campi, c'è il quartiere della Magliana, uno dei più popolari di Roma, l'ultima avvisaglia di quello che è stato sino a qualche anno fa il mondo dello scrittore.


Pasolini, prima, non lo conoscevo; adesso non potrei dire se è cambiato anche lui, insieme con lo scenario che lo circonda. Certo mi sembra distante da quella che è stata chiamata la sua "stagione delle grandi battaglie pubbliche". Distante esteriormente, nella forma, come atteggiamenti, come impeto polemico, come posizione intellettuale di aperta rottura. Le sue concezioni sono sempre le stesse, afumate forse da quel vago senso di delusione che già si avvertiva delle sue ultime Poesie in forma di rosa.


Siamo seduti in giardino. È un pomeriggio tiepido, un'ottobrata romana di quelle che fanno affollare di turisti piazza di Spagna e Trinità dei Monti. "Gli italiani sono poco religiosi", dice Pasolini, " questa è la loro grande colpa. Nel nord ci sono ancora alcuna isole, qualche cosa si salva; ma nel Centro e nel Sud... Quello che manca, soprattutto, è l'impeto religioso e così tutto si trasforma in scetticismo, in praticità, in qualunquismo...".


L'uomo che mi parla è indecifrabile, discorre di religione e di spirito religioso come un credente, eppure non lo è (o almeno ha fama di non esserlo). Ma anni fa, al processo di Milano che lo vide accusato di immoralità per il suo romanzo Ragazzi di vita, il presidente del tribunale chiese a Carlo Bo, critico letterario, decente universitario e cattolico praticante: "Lei trova che il libro sia immorale?", "Io lo trovo profondamente religioso", rispose Bo.


UN UOMO RELIGIOSO


Ora mi torna alla memoria un passo di Moravia, il quale commentava le udienze di un altro processo, intentato a Pasolini "per vilipendio alla religione" dopo l'episodio La ricotta, del film ROGOPAG. Lo scrittore fu poi assolto in appello. "In quell'aula di tribunale", scriveva Moravia, "il solo uomo veramente religioso era Pasolini".


In che cosa consiste, dunque, la religiosità che Bo e Moravia riconoscono a Pasolini? La sua prosa è spesso violenta, il suo linguaggio (le famose parolacce) anche brutale, le sue storie non sono certo edificanti, egli stesso, inoltre, ha confermato più volte la sua fede marxista. Nonostante tutto questo, il suo film Il Vangelo secondo Matteo viene esaltato dagli uomini della Chiesa, premiato, additato come esempio d'arte al servizio della Fede. Qual è l'enigma di Pasolini: l'enigma di un uomo davvero indecifrabile?


Gli chiedo all'improvviso: "Lei è comunista?". "Certo", risponde, "sono comunista. Iscritto al partito?. Adesso no. Lo sono stato i primi anni del dopoguerra, nel Friuli, poi non ho più rinnovato la tessera." "Per qualche ragione particolare?". "Pensavo che una regolare iscrizione limitasse il mio giudizio critico, mi impegnasse a un eccesso di lealismo. I miei rapporti con il comunismo, adesso, sono su un piano letterario e culturale. Del resto, fino a qualche tempo fa ho tenuto una rubrica di corrispondenza su un settimanale comunista (Vie Nuove), e scrivevo quello che volevo, spesse volte polemizzavo con la linea politica del partito..."


Sulla soglia della finestra che dà nello studio di Pasolini s'affaccia discreta la madre. "Paolo", dice, "c'è al telefono un signore della televisione irlandese". È una donna minuta, che dimostra meno dei suoi settant'anni, i capelli grigi pettinati con cura, il viso magro come quello del figlio, lo sguardo un po' inquieto di chi si sente a disagio davanti agli estranei.


È sempre vissuta col figlio, Pasolini ha per lei un sentimento che sfiora la venerazione. Ha scelto lei, sua madre, per dare il volto alla madre di Gesù nel film Il Vangelo secondo Matteo. "Mi è sempre stata vicina", dice Pasolini, "sa comprendermi come nessun altro". A lei era dedicata la sua prima poesia, che scrisse a sette anni, quando faceva la seconda elementare. "Era in risposta a un'altra che mia madre mi aveva scritto. In gioventù anche lei, maestra elementare, aveva avuto qualche ambizione letteraria... Ricordo che aveva una rima in "acco" molto ingenua, ti voglio bene un sacco, così finiva il verso... Della mia ricordo soltanto due parole: verzura e rosignolo". Sorride. "Una poesia in lingua eletta, come vede, accademica...".


Erano gli anni in cui viveva a Sacile, il suo primo incontro col Friuli. "Com'ero?", dice, "Un barbaro molto sensibile, bravo e buono, che passava intere giornate sopra un atlante, sognano di diventare capitano di marina... Una passione che mi ha seguito fino al Liceo. Leggevo molti libri di avventure, soprattutto Salgari, m'ero fatto un mondo tutto mio, di indiani, di fiumi sacri, di corsari senza paura... Le ore di queste letture le ricordo come le più belle della mia infanzia".


Un'infanzia molto tranquilla, in una famiglia della media borghesia che non viveva nel lusso, ma aveva di che andare avanti senza preoccupazioni. Il padre era ufficiale di fanteria, ogni anno o due trasportava la famiglia in un paese nuovo, da Bologna a Sacile, poi a Cremona, a Reggio Emilia, di nuovo a Sacile, ancora a Bologna... "Era romagnolo, di Ravenna. Da giovane aveva sperperato un patrimonio, e così si era dato alla vita militare. Andavamo molto d'accordo per quanto naturalmente mi sentissi più portato verso mia madre, mi voleva bene, fu lui che mi incoraggiò a scegliere la strada letteraria, sciogliendo i miei dubbi sulla carrera di marina... E forse anche in questo c'era anche il ricordo di suo fratello maggiore, lo zio Pier Paolo, che da ragazzo scriveva poesie, ed era morto tragicamente a ventun anni, annegato, a Porto Corsini... Eppure di mio padre m'è sempre rimasto un ricordo drammatico, tutto era drammatico in lui, anche i sentimenti, gli affetti. Un uomo passionale, estremo...".


IL MOTIVO DEL PREMIO


Pasolini torna in giardino, ha finito al sua telefonata. Dice: "Vogliono un'intervista", e lo dice col tono di chi è il primo a comprendere che il suo caso, il caso di un uomo di cultura marxista che fa un film sul Vangelo, premiato ed elogiato dalla Chiesa, può sconcertare perfino nella lontana, cattolica Irlanda.


A Venezia, oltre al premio, speciale della giuria, Il Vangelo secondo Matteo ha ottenuto anche il massimo riconoscimento dell'ufficio cattolico internazionale del cinema, OCIC, destinato "al film che per la sua ispirazione e le sue qualità contribuisce nel modo migliore al progresso spirituale e allo sviluppo dei valori umani". Con questa motivazione: " Per aver espresso in immagini d'una autentica dignità estetica le parti essenziali del testo sacro. L'autore, senza rinunciare alla propria ideologia, ha tradotto fedelmente, con una semplicità e una densità umana talvolta assai commoventi, il messaggio sociale del Vangelo, in particolare l'amore per i poveri e gli oppressi, rispettando sufficientemente la dimensione divina di Cristo".


"Perché", dice Pasolini, "Perché la gente si meraviglia ch'io abbia fatto un film sul Vangelo? Perché sono comunista? Perché ho fatto l'antipapa? La gente che non mi capisce o mi critica mostra di non conoscere affatto la mia produzione poetica, in cui c'è sempre stato un filone irrazionalistico, quasi sottofondo mistico".


"A Venezia, dopo la presentazione del film, lei ha tenuto una conferenza stampa e in quella occasione ha pronunciato una frase che poi non fu sottolineata, si disperse fra le battute: Anche un marxista può essere religioso".


"Certo, la ripeto. Prima di tutto, è un fatto folgorante: molti operai comunisti si fanno il segno della croce, magari davanti al feretro di Togliatti; e molti vanno anche in chiesa..."


"Lei va mai in chiesa?"


"Io no, mai. E poi, dicevo, c'è una religiosità naturalmente non confessionale, ma innegabile, anche in uomini di fede marxista: basta pensare alla morte di Gramsci in carcere. In senso particolare, sembrerebbe che tra le due condizioni non ci fosse compatibilità, invece la mia pe un'affermazione di cui sono pienamente convinto."


I VECCHI RICORDI


C'è un'altra telefonata, da parte di una casa cinematografica. La madre di Pasolini, la signora Susanna, viene a portare il tè. Si muove silenziosamente, come per una lunga abitudine. Il figlio la mattina si sveglia tardi, e lei è in piedi presto, per le faccende della casa. "Non riesco a farle prendere una donna di servizio", dice Pasolini, " E adesso la casa è grande...". È venuto ad abitare qui anche per lei, "si è più isolati, c'è più tranquillità. Prima era un via vai di gente continuo, non si poteva più vivere."


Facciamo un giro per la casa, arredata con mobili antichi, tappeti e quadri alle pareti. Ci sono anche i quadri che Pasolini dipinse da giovane, sui vent'anni, all'epoca in cui era rifugiato a Casarsa sul Tagliamento, il paese della madre, e spesso doveva stare nascosto per paura dei tedeschi. La sua vita militare era durata otto giorni, arruolato il primo settembre 1943, e sbandato l'8 settembre, dopo che tutto il suo reggimento, vicino a Livorno, era stato fatto prigioniero da tre tedeschi montati su un carro armato. Allora, l'unica meta sicura era Casarsa, e via a piedi attraverso la Toscana, l'Emilia e il Veneto, fino a casa.


Di quello stesso periodo, del periodo dei quadri che risentono di Rosai e di De Pisis, è la sua adesione al al marxismo e alle tesi comuniste. Stranamente, ci arriva dopo aver coltivato interiormente la speranza di trovare una via cattolica all'antifascismo: "perché gli unici valori reali che allora mi trovasi intorno", riconosce, "erano quelli del cristianesimo". Ma lo colpiscono, nell'immediato dopoguerra, le agitazioni di piazza dei braccianti friulani, lo prendono le tesi della rivendicazione sociali, e si trova dalla parte di chi agita i fazzoletti rossi, "anche perché", dice, "tra quella gente c'erano tutti i miei amici."


Ci sono, nella casa, molti ricordi dell'infanzia di Pasolini. Una grande fotografia del fratello, morto nella lotta partigiana con la divisione Osoppo, "la prima, grande tragedia della mia vita"; i mobili di vecchio legno friulano che arredano ancora la stanza della madre; i libri dell'università nella biblioteca.


Ritorniamo in giardino. Parliamo ancora del Vangelo. Ottocento Padri conciliari hanno assistito nei giorni scorsi alla proiezione e applaudito tre volte il film: all'inizio, quando è comparsa la dedica "alla cara, familiare figura di Giovanni XXIII", e alla fine di ogni tempo. "Mi ha preso la mano", dice, "non c'è stato niente da fare. Ogni azione, ogni scena doveva presentare esperienze mie, personali e storiche: così i soldati di Erode erano i fascisti, gli ebrei fuggitivi dall'Egitto i profughi spagnoli che attraversano i Pirenei, i soldati romani gli agenti della Celere... Invece quando ho visionato il film mi sono accorto che questi intendimenti si intravedevano poco, la grande serenità del testo mi ha portato per la sua strada..."


ISPIRAZIONE AD ASSISI


Adesso Pasolini si riposa dalle fatiche del Vangelo. "Uno sforzo indescrivibile", ha detto, "per la prima volta in vita mia non sono riuscito a fare due o tre cose contemporaneamente. Il film ha assorbito tutto il mio tempo e tutta la mia concentrazione. Da quando ebbi la prima idea, ad Assisi, dove ero stato invitato dalla Pro civitate christiana, a un dibattito sul film Accattone non ho avuto un attimo di respiro".


E non è vero, sostiene, che il Vangelo l'avesse letto per la prima volta ad Assisi: lo leggeva già da vent'anni addietro, a Sarzana, durante le lunghe ore in cui doveva stare nascosto dai tedeschi e cercava dentro di sé una via cattolica all'antifascismo. La visita di Giovanni XXIII ad Assisi, che lo costrinse a rimanere una notte di più nella città e gli diede l'opportunità di riprendere il testo sacro, l'unico che aveva trovato sul tavolino della sua stanza, fu soltanto una coincidenza determinante.


"Ad Assisi ci sono ritornato", dice, "e ho trovato un'accoglienza inaspettata tra gli uomini di Chiesa. Ho parlato a lungo con un vescovo polacco, ho trovato amici, nessuno mi tratta più come un sacrilego. La mia impressione è che la Chiesa stia comprendendo come si possa arrivare a un'intesa col marxismo, se si scinde l'aspetto politico, che è quello fondamentale, da quello filosofico. Del resto, l'aspetto filosofico del marxismo è un fatto già in via di superamento, risale alle contingenze storiche dell'800, ha fondato il suo positivismo su quello del secolo scorso. Ma il marxismo d'oggi è soprattutto in fatto politico, che ha anche una sua filosofia. Quando questa realtà verrà chiarita, e quindi i due concetti si saranno scissi, non vedo perché la Chiesa non dovrebbe accettare il marxismo come puro fatto politico... Nei secoli addietro ha potuto coesistere con i movimenti politici più diversi, dall'impero ai comuni, dalle signorie alla dittatura..."


Sono affermazioni audaci, difficili da accettare, diciamo pure avventate, ma Pasolini le pronuncia con la solita voce calma, col solito tono che sembra sempre un po' timido.


Non so come la prenderanno gli ideologi del Partito comunista, ma immagino la ferma, decisa opposizione della Chiesa a questa concezione del marxismo che cammina di pari passo con i dettami evangelici, a questo ventilato connubio tra la religione e una concezione che nega ogni valore spirituale e soprannaturale.


Ancora una volta, Pasolini sostiene il suo ruolo di personaggio sconcertante. È impossibile far combaciare le sue idee con i risultati di certe sue azioni, l'uomo religioso con il marxista, il poeta del Vangelo con lo scrittore brutale. È un uomo destinato, credo, a rimanere sempre al centro di una polemica di cui non si afferrano bene i termini. E la polemica riprenderà presto, più accesa di prima: sta preparando un altro film sulla vita di un santo vissuto nel Medioevo.




Signor Pasolini, ma è proprio sicuro di essere ancora comunista? intervistato da Giorgio Gatta, su Oggi n.43 22 ottobre 1964, pp.46-49.

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