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TĂȘte-a-tĂȘte avec Pier Paolo Pasolini. Un'intervista del 1970.

  • Immagine del redattore: CittĂ  Pasolini
    CittĂ  Pasolini
  • 11 giu
  • Tempo di lettura: 9 min

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Pier Paolo Pasolini (1962-1965) © A.Saderman/Tutti i diritti riservati

LV: Sei stato spesso accusato di essere un pornografo. Questo ti dĂ  fastidio?


PP: Le persone che dicono che i miei film sono pornografici gettano sospetti su se stessi. Comunque, non ho nulla contro i film pornografici. Appartengono a un tipo di sottocultura, ma questo non Ăš un motivo per vietare ai loro registi o produttori di realizzarli, perchĂ© sarebbe repressione. Forse, un giorno, se ci sono troppi film del genere o sono prodotti troppo male, nessuno andrĂ  a vederli. È la politica del peggio, della saturazione



LV: È stato detto che molte volte che lei ha tre ‘idoli’: Cristo, Marx e Freud
 Che cosa ci risponde?


PP: Che sono soltanto formule. La realtà Ú il mio unico idolo. Se ho scelto di fare il cinema, oltre che scrivere libri, Ú stato perché, invece di esprimere questa realtà con dei simboli come sono le parole, ho preferito servirmi di un altro mezzo, che Ú il cinema, per poter esprimere la realtà con la realtà.


LV: Potrebbe esprimere con le parole, così come lei la percepisce soggettivamente, la realtà dei giovani d’oggi, che, a quanto sembra, l’appassiona?


PP: La gioventĂč, se non altro una certa gioventĂč che rappresenta la maggioranza, la massa uniforme della societĂ  attuale, ha perso del tutto il desiderio di cultura. È ignorante e non vuole ammetterlo. E il pericolo sta nel fatto che essa trasforma la propria ignoranza in una ideologia, una barricata dietro la quale si nasconde scandendo i suoi slogan. Soltanto una minima percentuale di studenti ha letto Proust, Sartre o Marcuse. La cultura Ăš arrivata al punto di saturazione. Ogni letteratura Ăš una letteratura da ‘papà’.


LV: Perché il rifiuto della cultura?

PP: PerchĂ© la cultura coincide con il padre, la madre, la Chiesa, tutti i tabĂč della famiglia e della societĂ . È sempre stato cosĂŹ. La gioventĂč ha sempre rinnovato la cultura a cominciare da quella del padre. Si opponeva al padre, il che implicava un sentimento di angoscia, un presagio di morte, un masochismo mitico. Uccidere il padre, anche sotto questa forma, rappresenta un masochismo assoluto, un costante senso di colpa. Oggi solo un’élite osa opporsi alla cultura del padre. Il suo sentimento di morte si Ăš moltiplicato in questo mondo barbaro fatto di cittĂ -prigione, di autostrade implacabili, di cattivo cinema, di cattivi programmi televisivi, di informazioni false e povere di contenuto. La tecnica nega l’arte. Bisogna servirla, la tecnica, altrimenti Ăš l’angoscia, la morte. Si impone, annienta ogni sentimento che non sia pronto a sottostarle. Uccide l’umanitĂ , vale a dire l’umano nell’uomo. Fermarsi, rifiutare una situazione, cercare per altre vie, porsi degli interrogativi, in una parola educarsi, significa sottoporsi a una tale tensione, a una marcia controcorrente cosĂŹ faticosa che solo un’élite (e domani una superĂ©lite) potrĂ  permettersi, accettando la morte, il retaggio sociale di affrontare il problema. Ecco perchĂ© la gioventĂč tace, si limita ad andare avanti con gli occhi fissi sulle tracce della macchina. Avanza al suono di una marcia fatta di cattiva musica, con l’attenzione requisita da una televisione retrograda, incoraggiata da un cinema spesso innominabile, da una sessualitĂ  anarchica. Non Ăš musica d’arte o d’amore, questa, ma uno sterile balbettio che obbliga la gioventĂč a rifugiarsi nella produttivitĂ  consumistica. Ecco perchĂ© la gioventĂč tace ed Ăš lei, del resto, che scrive la storia.

LV: L’amore potrebbe migliorare questa situazione drammatica?

PP: La societĂ  non vuole piĂč amore. Lo rifiuta, perchĂ© l’amore si oppone al lavoro e allenta i tempi di produzione. Era necessario infangare l’amore, la propria dignitĂ , il rispetto di se stessi. Tuttavia anche l’amore puĂČ essere utilizzato, ma per aumentare la produttivitĂ . Si vendono macchine? No. Si vende l’immagine di una coppia che si abbraccia sui sedili: ecco che cosa mettono in mostra i manifesti, che cosa propone la pubblicitĂ . Una donna nuda sul tetto di una macchina e noi compriamo l’automobile. Di che colore? Rosso! Non ci ricordiamo neppure della marca. Negli Stati Uniti, paese tecnicamente piĂč progredito del nostro, i giovani protestano contro la tecnica per mezzo dell’antitecnicismo. E allora nascono il fenomeno hippy, i capelloni, la comunitĂ  che puĂČ divenire concentrazionaria, la rivolta rabbiosa manifestata con l’azione.

LV: Dunque non Ăš necessario far rivivere l’amore? Non si puĂČ tentare di esaltare la coppia?

PP: E perchĂ©? Non ho mai visto la coppia cosĂŹ trionfante e cosĂŹ sublimata come oggi. Persino nei movimenti studenteschi, a Roma, Milano, Parigi, non ho mai visto per le strade cosĂŹ tanti contestatori dei due sessi marciare sotto braccio. E non ho visto affatto contestatori baciarsi, uomini far la corte ad altri uomini, donne ad altre donne. La gioventĂč Ăš profondamente moralista. Riproduce il moralismo del padre, della societĂ . L’eros libero, etero o omosessuale, anarcoide, esiste forse nell’alta borghesia, ma allora non Ăš che una deviazione ipocrita.

LV: Poiché per lei non esiste la coppia, pensa allora che sia meglio vivere soli o in gruppo?

PP: È una falsa alternativa. Una trovata ipotetica, sulla falsariga dei modelli antichi. La solitudine rappresenta l’ascesi, la santitĂ . Si tratta di una reazione feudale ed egocentrica, la paura di affrontare il problema. Vivere in gruppo Ăš una forma di suicidio, spesso Ăš la droga, questa specie di fittizia parete divisoria che si frappone tra te stesso e il prossimo; altra solitudine che serve a ritrovare la solitudine nella tomba, poichĂ© non si Ăš mai soli finchĂ© non si Ăš morti.


Anche drogarsi significa rifiutare la cultura. I giovani si drogano per automatismo, per autodistruzione e per trovare attenuanti alla loro sottocultura. Anche Cocteau si drogava, ma lo faceva per la sua cultura. Per i giovani Ăš diverso, la droga non li rende certo inclini alle cose migliori. Nel delirio dell’hascisc, della marijuana esaltano la cattiva pittura o il cinema scadente uscito dalle caves
 l’unico consiglio che posso dar loro Ăš quello di farsi una cultura: poi, se ne sono ancora capaci, prendano pure la droga. Ma non bastano blue-jeans e maglioni per diventare Sartre, nĂ© un pizzico di polverina per diventare Aldous Huxley


LV: E lei, che cosa faceva alla loro etĂ ? Com’ù stata la sua gioventĂč?

PP: Dare delle spiegazioni, rifare il mondo parlando di me, scusarmi guardandomi alle spalle, molto indietro nel tempo, dire ‘nacqui’, ‘vissi cosĂŹ e così’, coniugarmi al passato remoto
 no, non posso. Non ne ho nĂ© la forza fisica nĂ© quella morale necessarie. Bisognerebbe poter rivivere ogni secondo, riprovare le sensazioni di allora. Le autobiografie sono sempre false, perchĂ© compiacenti o suicide; le biografie, almeno una veritĂ  ce l’hanno: come si vuole far apparire gli altri (
)

LV: Qual ù la sua definizione dell’amore?

PP: Quando manca l’amore la gente cessa di vivere. Viene annientata. È la malinconia, la fine di tutto. La societĂ  se n’ù accorta ed ecco perchĂ© cerca tanto di esaltare l’amore. È una chiave della produttivitĂ . Senza l’amore l’uomo non puĂČ produrre. PerĂČ, nello stesso tempo, ogni tipo di societĂ  reprime il mondo sessuale, perchĂ© l’energia che l’uomo consuma nel fare l’amore non va a beneficio del capitale. Ogni societĂ  Ăš innanzitutto puritana; noi crediamo di vivere in un periodo di piena libertĂ  sessuale, Ăš un’illusione. Il giorno in cui l’umanitĂ  avrĂ  raggiunto la completa industrializzazione assisteremo all’avvento di un drastico moralismo pari a quello delle societĂ  piĂč arretrate. Se hanno inventato le ore di lavoro straordinario non Ăš stato per impedire i rapporti sessuali ma per regolamentarli secondo norme sociali. CosĂŹ l’amore Ăš diventato la ricompensa al lavoro fornito per lo sviluppo dell’industrializzazione.

LV: Allora l’amore diventerà il simbolo del frutto proibito?

PP: La società impedisce di conoscere la potenza dell’amore e di applicarla veramente. Insinua nell’individuo un concetto falso dei suoi desideri e della sua libido. Vuole che l’uomo abbia dell’amore un’idea sbagliata, come l’ha di se stesso.

LV: Non pensa che l’uomo cerchi per disperazione di oltrepassare i propri limiti sessuali?

PP: Chi vuole far questo si perde all’infinito. L’aldilà dell’amore ù la follia. Fortunatamente esiste l’economia sessuale, un dispositivo di sicurezza, di correzione. Oltre un certo limite l’eros si autoblocca.

LV: PuĂČ esserci amore senza rapporti sado-masochisti?

PP: Nemmeno per idea. Ma chi ha cominciato per primo, Sade o Masoch? È la vecchia storia dell’uovo e la gallina. L’equilibrio di queste due forze ù la risultante dell’equilibrio umano.

LV: Nel realizzare i suoi film, specialmente Teorema, ha avuto l’impressione di fare un’opera utile?

PP: Non mi interessa, non Ăš questo il mio scopo. Io non voglio essere nĂ© paternalista, nĂ© pedagogo, nĂ© propagandista, nĂ© apostolo
 Quando un’opera culturale diventa scienza, cessa di essere cultura. La psicoanalisi non Ăš cultura, ma scienza applicata. Studiare l’energia atomica e costruire bomba H non Ăš affatto la stessa cosa. Soltanto il contenuto interiore di un’opera Ăš utile, per questo ogni opera autentica, piĂč che utile, Ăš terapeutica.

LV: Lei afferma decisamente che la coppia non esiste piĂč. Ma in senso fisiologico come Ăš possibile negarne l’esistenza?

PP: Certo, fisiologicamente non possiamo negare la coppia, l’accoppiamento. Ma considerata come nucleo familiare la coppia non esiste piĂč. Il neocapitalismo non ha piĂč bisogno della famiglia, come non ha piĂč bisogno della Chiesa. Le lascia in vita, ecco tutto, e quelle sopravvivono. L’educazione dei figli oggi non avviene piĂč nella famiglia, ma nel gruppo. SĂŹ, credo proprio che la nostra generazione stia assistendo alla fine di un mondo. La base della societĂ  ha assunto altri valori, Ăš divenuta un rapporto tra consumatore e produttore. PerchĂ© i giovani scappano da casa? Lo conosco bene il problema. Ne ho incontrati un sacco e ho parlato con tutti. Il movente Ăš sempre quello di vent’anni fa: miseria, genitori che non vanno d’accordo, sempre le solite ragioni, classiche, anarcoidi, arcaiche, retrograde. Ma questi giovani non conoscono il proprio problema e nascondono la vera causa dietro simboli di avanguardia: libertĂ , ricerca di assoluto, contestazione. Ho conosciuto un ragazzo di vent’anni che era scappato di casa. Ha parlato con me e io l’ho ascoltato. Poi gli ho detto chiaramente: “Sei scappato di casa perchĂ© hai preso una cotta per la tua matrigna e volevi dare l’amore con lei”. È rimasto annientato, non voleva confessare la veritĂ . Diceva che l’aveva fatto perchĂ© voleva venire a Roma a contestare con gli studenti. Nascondeva la sua rivolta freudiana dietro una rivoluzione sociale. E oltre a questo, la sua fuga aveva un motivo piĂč attuale: voleva inserirsi nella vita di gruppo e riceverne un’educazione. Ogni ragazzo, per imporsi nel gruppo, contesta con e contro gli altri, e cosĂŹ facendo si porta dietro le vecchie abitudini: moralismo, utilitarismo. Ora, per un vero rivoluzionario niente Ăš utile o inutile, quel che conta Ăš l’azione. L’utilitĂ  Ăš ancora una nozione borghese.

LV: Qual ù il suo atteggiamento davanti al fenomeno dell’omosessualità?

PP: Ho giĂ  detto che la coppia, considerata come nucleo familiare, Ăš ormai un’eresia, un’alienazione. Dal momento che la coppia Ăš codificata si autodistrugge. La societĂ  rifiuta tutto ciĂČ che non Ăš codificato perchĂ© potrebbe mettere in crisi i suoi statuti. L’omosessualitĂ  minaccia la societĂ  ed Ăš inconcepibile in qualsiasi organismo o comunitĂ , anche tra i piĂč conformisti. Pensiamo soltanto all’omosessualitĂ  alla Fiat. PerchĂ© dal momento in cui si accetta la nozione di non-coppia, di non-famiglia, si deve rifiutare l’amore verso l’altro, chiunque sia, di qualunque razza e sesso si presenti? Nella societĂ  la donna Ăš stata sempre considerata un essere inferiore. Essa nasce con una sua precisa funzione prestabilita: fare figli. Se i nazisti non avessero avuto bisogno delle donne per questa funzione, se la societĂ  fosse stata completamente industrializzata, Ăš probabile che essi avrebbero chiuso nei lager i polacchi, gli ebrei, gli zingari e le donne. Se non lo hanno fatto Ăš stato per ragioni pratiche, per fabbricare figli: dico fabbricare, non mettere al mondo. La donna per loro esisteva in quanto macchina di riproduzione. Ma l’omosessuale, che Ăš socialmente improduttivo? La sua sorte Ăš ancora peggiore. È un respinto e per questa sua condizione dovrebbe o accettare la ripulsa, e soffrirne, o andare controcorrente, e soffrire lo stesso.

NormalitĂ  e anormalitĂ  sono ancora nozioni borghesi. L’unica anormalitĂ  che la societĂ  capitalistica tollera ancora Ăš la donna. Raramente essa cerca o riesce a scuotersi di dosso la sua condizione di esclusa. La societĂ  fa di tutto per impedire alla donna di essere libera, e quando le permette di svolgere attivitĂ  o professioni tipicamente da uomini, bisogna vedere di quali uomini si tratta e come vengono considerate le donne in questione. Basta guardare i programmi televisivi: vi sembra che possano emancipare la donna? L’unica libertĂ  che le viene concessa Ăš una libertĂ  sessuale che in effetti Ăš il contrario della libertĂ , Ăš una forma di repressione sadica. La serie di film erotica lo dimostra a sufficienza. Essi servono, tutt’al piĂč, a conservare i bassi istinti freudiani e nello stesso tempo a far prosperare la produttivitĂ  nell’avvilimento, con le ore di straordinario, il risparmio, ecc.

La donna sarĂ  la risultante di questo sistema di lavoro, il ricettacolo dei bisogni creati dalla societĂ  Ecco perchĂ© io cercherĂČ sempre di indirizzare la donna per restituirla a se stessa senza nessun condizionamento. Per me una donna ha tutto il diritto di essere liberata, e pura, e idealizzata, come mia madre.

LV: Ama la vita?

PP: L’amo ferocemente, disperatamente. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventĂč. L’amore per la vita Ăš divenuto per me un vizio piĂč micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza, con un appetito insaziabile. Come finirĂ  tutto ciĂČ? Lo ignoro.


LV: Perché i tuoi film sono scandalosi?


PP: Perché sono scandaloso anch'io, come ti ho spiegato prima. Perché sono scandaloso, come ho spiegato prima. Sono scandaloso perché ho un cordone, un cordone ombelicale, tra il profano e il sacro.


Louis Valentin. "TĂȘte-a-tĂȘte avec Pier Paolo Pasolini" su "Lui magazine", Parigi, giugno 1970, p.12. Traduzione dal francese: Silvia MartĂ­n GutiĂ©rrez, curatrice di CittĂ  Pasolini

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