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Immagine del redattoreCittà Pasolini

Inedito di Pier Paolo Pasolini su Rafael Alberti


1966, la casa editrice Einaudi pubblica in Italia la silloge "Degli Angeli" del poeta spagnolo Rafael Alberti (tradotta da Vittorio Bodini). Il 30 maggio 1966, per la presentazione del volume della Einaudi si ritrovarono per presentarlo, Bodini, Ignazio Delogu, Giovanni Toti e Pier Paolo Pasolini. Pasolini per questa presentazione scrisse un testo sulla poesia di Alberti. Una riflessione che oltre l'ammirazione per i versi dello spagnolo, serve a Pasolini per domandarsi sul mestiere del poeta.

La dottoranda in Letteratura Spagnola all'Università di Salerno, Francesca Coppola, ha recuperato il testo scritto da Pasolini durante le sue ricerche nell'Archivio contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze. Pubblicato venerdì 18 gennaio 2019 sull Fatto Quotidiano, a Città Pasolini condividiamo un pezzo dello scritto pasoliniano.


"Quando leggo un poeta non mi viene mai in mente che scrivo io stesso delle poesie, è perció che lo leggo come un critico, come un filologo, come un linguista; sento questo ingenuamente, come un dovere. Con Rafael Alberti non riesco ad applicare questo dovere,abbastanza umile, ma anche defensivo. Credo che non ci sia razza di poeta più diversa da me da quella di Rafael Alberti; di fronte a tanta diversità, riesco forse di nuovo a trovare il diritto di leggerlo come poeta, come un poeta apprendista. Tutto quello che so della poesia, non vale infatti per conoscere Alberti. Tutto quello che so l'esaurisco per fare poesia io stesso, per farne esperienza nel leggere, da critico, gli altri poeti che un po' mi somigliano. Ma la più bella cosa del mondo è constinuare ad apprendere. Chi di noi non desiderebbe essere sempre apprendista, ragazzo di bottega? È così che mi sento leggendo Alberti, come un ragazzo che entra a imparare il lavoro a una bottega, e vede il maestro intento all'opera: un'alta montagna di cristallo.

Come si faccia ad avere la natura di poeta di Rafael Alberti mi è inconcepibile: lo guardo come un negro, che non ha mai visto un bianco, guarda un bianco. Con un misto di terrore e di ammirazione, di tenerezza e di difesa. Dunque, tu fai poesia così? E sei poeta? Ma com'è possibile, se a me pare che ci sia un unico modo di essere poeta, il mio?

[...]

Se non descrivi, non ti confessi, non accusi, non rimpiangi, non piangi, non ti lodi, non fingi di lodarti, non aduli il lettore, non gli chiedi pietà ecc ecc. Come ti si presenta la poesia? Senza neanche un po' di voglia di essere fedele alla realtà, che si rimpiange sempre? Sei stato nelle "città di mare che non conoscono i crepuscoli", dove anch'io sono stato, che conosco, e che mi fanno impazzire di nostalgia, come fai parlandone a non essere neanche un poco realistico, neanche un poco solo, descrittivo?

[...]

E tutta una vita, è possibile che possa essere così trasposta, senza mai un attimo di incertezza o di pentimento, nei termini di un emblema, in uno snodarsi di immagini che sono una scomessa di perfezione? Come si fa a fare una serie di poesie "una più bella dell'altra", a suscitare come nuovo sempre lo stesso entusiasmo nel lettore? Dove sono le ombre? Maledetti angeli! Lo sai che non possono leggere tutte di seguito le tue poesie, perché l'entusiasmo, ripetendosi sempre uguale, diventa insostenibile?"


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