Pier Paolo Pasolini nella casa di via Carini, quartiere Monteverde, Roma primi anni ’60 © Dufoto/FA/Tutti i diritti riservati
10 giugno
Un solo rudere, sogno di un arco, di una volta romana o romanica, in un prato dove schiumeggia il sole il cui calore è calmo come un mare, e, del mare, ha il sapore di sale, il mistero splendente : lì ridotto, sulla schiuma del mare della luce, il rudere è solo : liturgia e uso, ora profondamente estinti vivono nel suo stile – e nel sole – per chi ne comprenda presenza e poesia. Fai pochi passi, e sei sull’Appia o sulla Tuscolana : lì tutto è vita, per tutti. Anzi, meglio è complice di quella vita chi non ne sa stile e storia. I suoi significati si scambiano nella sordida pace insofferenza e violenza. Migliaia, migliaia di persone, pulcinella di una modernità di fuoco, nel sole il cui significato è anch’esso in atto, si incrociano pullulando scure sugli accecanti marciapiedi, contro l’Ina. Case sprofondate nel cielo. Io sono una forza del Passato Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle Chiese, dalle pale d’altare, dai borghi, dimenticati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone. O guardo i crepuscoli, le mattine, su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti del Dopostoria, cui io assisto per privilegio di anagrafe, sull’orlo estremo di qualche età sepolta. Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro Più moderno di ogni moderno A cercare fratelli che non sono più.
Pier Paolo Pasolini: La poesia "10 giugno" (1962) fa parte della raccolta "Poesia in forma di rosa" (1961-1964) ed è stata pubblicata anche in Pier Paolo Pasolini "Mamma Roma"
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