Pier Paolo Pasolini a Parigi nella conferenza stampa dopo la proiezione del suo film "Teorema", 3 febbraio 1969 © Chomarat MS/Bibliothèque municipale de Lyon/Tutti i diritti riservati
Il bel giro d'orizzonte finisce sulla Spagna, al cui dolore siamo incalliti. Non c'è più nulla da dire; o c'è tutto da ricominciare a dire. Tra tutti questi lutti, è cominciato ed è finito il Festival di Sanremo. Le città erano deserte; tutti gli italiani erano raccolti intorno ai loro televisori. Il Festival di Sanremo e le sue canzonette sono qualcosa che deturpa irrimediabilmente una società. Quest'anno, poi, le cose sono andate ancora peggio del solito: perché c'è stata una contestazione, seppur appena accennata, al Festival. Ciò che si contesta sono infatti i prezzi dei biglietti per ascoltare quelle povere creature che cantano quelle povere idiozie: e si protesta moralisticamente contro il privilegio di chi può pagare il prezzo di quei biglietti. Non ci si rende conto che tutti i sessanta milioni di italiani, ormai, se potessero godere di questo famoso privilegio, pagherebbero il prezzo di quel biglietto e andrebbero ad assistere in carne e ossa allo spettacolo di Sanremo.
Non è questione di essere in pochi a poter pagare quelle miserabili ventimila lire ma è questione che tutti, se potessero, la pagherebbero. Tutti, operai, studenti, ricchi, poveri, industriali, braccianti. I centomila disgraziati che si tappano le orecchie e si coprono gli occhi davanti a questa matta bestialità, sono abitanti di un ghetto che si guardano allibiti fra loro, senza speranza. E i più non osano neanche a parlarne: perché parlarne sinceramente, fino in fondo, fino all'indignazione, è impopolare come niente altro. È per non rischiare questa impopolarità, che i contestatori sono in questo caso tanto discreti. Ma è un calcolo sbagliato, che li rende degli "innocenti" cantanti integrati e del loro pubblico.
Pier Paolo Pasolini. San Remo: povere idiozie, su Tempo, n.7 15 febbraio 1969, ora in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla società, Mondadori. I Meridiani, 1999, pp.1183-84.
'..non osano neanche 'a' parlarne' ? Mi viene da pensare che Pasolini abbia scritto molto ma letto poco.
Nel 1991 a Pordenone si deve intitolare la nuova sede del Liceo Classico pubblico. Alla proposta del nome di Pasolini si oppongono aspramente i cattolici, appoggiati dalle schiere dei democristiani più retrivi. Alla fine il liceo viene intitolato a Leopardi, marchigiano ateo e onanista, piuttosto che al poeta locale, cattolico ma comunista e pederasta. Pochi anni prima alla periferia di Pordenone un nuovo Centro Culturale era stato intitolato a Aldo Moro.
Pasolini all'inferno incontra Aldo Moro e si lamenta dell'ingiustizia subita.
Ecco, lo sapevo! A te, vecchio statista,
ladro di stato, esportatore di capitali ,
vittima del progetto non marxista
di fermare la Storia per giudicarla
secondo una norma borghese e perciò astratta,
intitolano Centri Culturali
di una modernità già…
Articolo attualissimo. Segnalo un errore all'ultima riga: manca l'aggettivo "degni": "che li rende degni..."