top of page
  • Immagine del redattoreCittà Pasolini

Sciascia risponde all'articolo di Pasolini sull'aborto. Il Corriere della sera, 26 gennaio 1975


Leonardo Sciascia a Montecitorio, primi anni ottanta © Archivio Luce Cinecittà/Tutti i diritti riservati

Sono, per tante ragioni, favorevole alla legalizzazione dell'aborto. Lo sono, come tutti gli uomini che pronunciano un sì o un no sulla questione, da una posizione che direi di illegittimità. Il diritto mi pare si dica che è in difetto di legittimazione colui che si arroga posizione di parte in una causa in cui non ha reali interessi da difendere o da negare. Di fronte al problema della legalizzazione dell'aborto la vera parte in causa è la donna: l'uomo vi assume un ruolo che appunto difetta di legittimità, e specialmente quando si dichiara contrario. Perché è come per il divorzio: i voti contrari alla legge venivano a conculcare il bisogno e la libertà di chi voleva divorziare; i voti favorevoli non obbligavano a divorziare chi non ne sentiva il bisogno o voleva continuare a credere nel matrimonio sacramentale, indissolubile.


Non sono dunque d'accordo con Pasolini. E non lo sono principalmente in ordine all'illegittimità, da cui ci salva soltanto l'essere favorevoli. Ma se la question dell'illegittimità non si pone, debbo riconoscere che Pasolini ha il diritto ad essere contrario alla legalizzazione dell'aborto quanto io a essere favorevole. Ha diritto, voglio dire, ad esprimere la sua opinione negativa senza essere considerato, per essa opinione, conservatore, reazionario o addirittura fascista. Pasolini è un uomo religioso. Da religiosità, forse. Tutte le sue dichiarazioni, tutte le sue prese di posizione in questi ultimi anni, muovono coerentemente da questo semplice fatto: che è un uomo religioso. In quanto tale, egli reagisce a tutto ciò che gli appare degradazione ed offesa alla vita; reagisce alla positiva e positivistica ricerca della felicità; reagisce a quello che gli appare come un immane meccanismo, una terribile catena di smontaggio: di smontaggio dell'uomo in nome della felicità.


Ora il punto è questo: perché le reazioni di Pasolini suscitano tanta reazione? La sola scoperta che è un uomo religioso, non dovrebbe suscitarne; e sarebbe oltretutto tardiva. Anche a fare un passo più in avanti e a scoprire che la sua religiosità è religione, religione cattolica, in un Paese cattolico la cosa non dovrebbe suscitare né meraviglio né sospetto né dileggio: a meno che non si ritenga meraviglioso, sospetto e da dileggiare il fatto che tra milioni di cattolici nominali ce ne sia uno effettivo. Si consideri, peraltro, che non uno dei partiti politici rappresentati in parlamento retiene si possa governare l?italia senza l'apporto dei cattolici in quanto cattolici. E allora?


Ecco, semplicemente: in quello che Pasolini va dicendo c'è sempre un fondo di verità, di inquietante verità. Ci sarà magari incertezza, confusione, contraddizione: ma c'è anche verità. E ce n'è anche in questo suo intervento sulla legalizzazione dell'aborto. Alla quale possiamo e dobbiamo essere favorevoli: ma non con innocenza, non con irresponsabilità, non senza apprensione.


Leonardo Sciascia. Sciascia su Pasolini: non dileggiare i cattolici da Il Corriere della sera, domenica 26 gennaio 1975
183 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
© Contenuto protetto da copyright
bottom of page