Pier Paolo Pasolini, 1975 © ANSA/Riproduzione riservata
Pier Paolo Pasolini è stato a Torino per poche ore. Il tempo di incontrare i dirigenti della casa editrice Einaudi che stamperà in futuro i suoi libri, di presenziare alla proiezione del film «Accattone»; presentato al San Paolo in occasione della rassegna «Cinema italiano degli Anni 60», e di rispondere, tra un impegno e l'altro, a qualche domanda. - Un'intervista agli spettatori della prima torinese del suo ultimo film, ispirato a «Le mille e una notte» ha dato risultati inaspettati. Hanno stupito, soprattutto, le reazioni degli uomini. Non erano né sbalorditi, né annoiati, né ironici. Erano, semplicemente, pieni di rabbia...
- «Mi meraviglia, è una cosa che non mi sarei mai aspettato. Considero questo mio film il più tranquillo, quello meglio accettato. Non ho avuto noie, insomma. Può darsi però che, sentendo gli spettatori uno per uno, ci si sia potuto accorrere che le cose erano diverse. In ogni caso, la spiegazione è semplice. Oggi si vedono al cinema cose tremende, di una volgarità spaventosa.
Ma la nudità assoluta si è vista, per la prima volta, solo nel mio film. Lì, il tabù del sesso era localizzato nel suo punto preciso. Senza ombre, senza ipocrite e grossolane approssimazioni. Senza paura. E così la rabbia degli spettatori diventa spiegabilissima. E' stata, se c'è stata, un'azione di rimozione. Sappiamo tutti che niente più che la rabbia aiuta a dar sicurezza, a far tacere la paura » ...
- Lei ha il destino di scandalizzare. Sempre. Persino quando sembra adeguarsi alle posizioni più tradizionali, più tipicamente borghesi. L'aborto, per esempio. Lei ha detto che è contrario. Come la Chiesa, come la maggioranza dell'opinione pubblica ufficiale. Eppure questa sua presa di posizione ha suscitato un'infinità di polemiche. Quasi fosse una specie di «boutade» irriverente...
- «Credo che questo mio punto di vista non sia stato ancora chiarito in maniera sufficiente. Su questo argomento, ho in progetto di scrivere presto una serie di articoli. Spero così di chiarire in maniera definitiva che il mio non è affatto il punto di vista che hanno in proposito la Chiesa o i conservatori. Mi ha affascinato ultimamente il libro di un pronipote di Nievo, che parla delle ricerche da lui effettuate per il ritrovamento del corpo del suo avo sprofondato nel mare di Napoli. A mio parere, si tratta di una splendida metafora, quella del regresso, ovviamente in chiave psicanalìtica, nel grembo materno.
Per me è lo stesso. Sogno spesso di nuotare in fondo al mare: una sensazione di libertà, di volo, di disponibilità naturale che mi rende ogni volta felice. Soprattutto perché so che questo non è un sogno fuori della mia vita, ma dentro: io, nel grembo di mia madre, ero vivo, e non lo dimentico. Si tratta di un'esperienza fondamentale, non posso rinnegarla. Se mia madre avesse deciso di rinunciare alla vita che si portava dentro avrebbe ucciso me: io lo so. Per questo, ritengo che il problema demografico vada affrontato in tutt'altra maniera. Per questo, considero l'aborto come una prova di falso, colpevole realismo».
- Chi è, per Pasolini, un anticonformista?
- «E' uno che si comporta in una maniera differente dagli altri senza volerlo, senza esserci preparato. Uno che va controcorrente senza presupporlo, pagandolo di persona sulla sua pelle.. Tutti lo accusano: lui ogni volta si sorprende e si smarrisce. Perché non lo sa, un vero anticonformista, di essere così com'è. E quasi gli dispiace, a volte. Ma è troppo tardi! Soprattutto per imparare a fingere».
- La colpisce, normalmente, la cattiveria della gente?
- «Ci sono malvagità che mi toccano poco. Anche se devo confessare che, ogni volta che ad esempio mi capita di leggere su un giornale qualcosa di gratuito contro di me, ne soffro. Ma son ferite che passano subito. Ben diverse da quelle che restano, quelle che lasciano la cicatrice. Le mie ferite più gravi dipendono da particolari circostanze di tempo, di luogo, di persona. Non mi importa invece del genere di accusa o di cattiveria - che mi si rivolge. Forse perché, da tanto tempo, ho capito che; mi si rimprovereranno sempre le stesse cose».
- Ha qualche previsione per il futuro?
« Per me, un progetto. Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne, però: basti sapere che è una specie di "summa" di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie. Per me e per tutti gli altri, invece, ho una paura. Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso ... Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come».
Luisella Re. Il nudo e la rabbia. Cinema, aborto, anticonformismo in un dialogo con lo scrittore. Progetti per il futuro? Il libro-summa delle mie esperienze, La Stampa, 9 gennaio 1975
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