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Immagine del redattoreCittà Pasolini

La censura sui film di Pasolini nella TV. Un testo di Lietta Tornabuoni del 1993.


L’imputato Pier Paolo Pasolini risponde alle domande del presidente del Tribunale Giuseppe Semeraro. Roma, 7.3.1963. © Rodrigo Pais/Biblioteca Universitaria di Bologna/Archivio Rodrigo Pais/Tutti i diritti riservati

La censura continua a colpire Pier Paolo Pasolini, quasi ventanni dopo la sua morte. «Pasolini è ormai un'icona: formalmente venerata, sostanzialmente reificata, usata, consumata, abusata, non rispettata», dice Vieri Razzini, da tredici anni responsabile della programmazione cinematografica della terza rete televisiva della Rai, da poco ribattezzato come tanti dirigenti «producer».


Rai3 manda in onda la Trilogia della vita diretta da Pasolini tra il 1971 e il 1974, Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte, i film più gioiosi e carnali, più affascinanti e sensuali nell'opera del regista, quelli che con ira e mortificazione dell'autore dettero origine all'epoca a un tremendo nutrito filone cine-boccaccesco. Vieri Razzini ne ha curato la programmazione, la accompagnerà con informazioni critiche, con citazioni d'una intervista di Pasolini sulla Trilogia, forse con un episodio inedito del Fiore delle mille e una notte, dieci minuti eliminati a suo tempo dal regista, conservati dal Fondo Pasolini. E con un'avvertenza rivolta ai telespettatori: «Quella che vedrete è la versione televisiva».


Vuol dire che i tre film sono stati censurati, tagliati?


«Eccome. Il fiore delle mille e una notte sembra un festival della castrazione, è impressionante, non si vede più un sesso maschile e ce n'erano molti. In Decameron le cose più censurate riguardano la Chiesa cattolica. Dell'episodio di Masetto, ortolano d'un convento e amante di tutte le monache, sono stati tagliati almeno trecento metri. L'episodio di Andreuccio da Perugia che sottrae un rubino dal sarcofago d'un vescovo e se ne va saltellando allegro, è stato tagliato dell'ultima parte: la censura vieta che il ladro esprima contentezza, e adesso neppure lo si vede più allontanarsi, l'interprete Ninetto Davoli fa appena capolino dal sarcofago. Lo stesso Andreuccio secondo la censura non può gridare "Aiuto, aiuto, sono caduto nella merda", deve limitarsi a "Aiuto, aiuto": quando "merda" è una parola ripetuta continuamente alla televisione non soltanto nei film e telefilm trasmessi o dai comici, ma anche dai politici. La sentenza della commissione di censura per II fiore delle mille e una notte occupa un'intera pagina, scritta in un linguaggio minuzioso in cui il "membro semieretto" viene citato più volte».


Ma da quale meccanismo nascono interventi simili?


«Dalla legge. La legge proibisce alle televisioni di trasmettere film vietati ai minori di diciotto anni, e consente di trasmettere (soltanto in seconda serata) quelli vietati ai minori di quattordici anni. I proprietari dei film vietati ai minori di diciotto anni, produttori o distributori che siano, per poterli vendere alle televisioni li ripresentano in censura, chiedendo la "derubricazione": chiedendo cioè che, in cambio di certi tagli, il divieto venga ridotto ai minori di quat- tordici anni, così da consentire l'uso televisivo. Ho scoperto che alcune volte sono gli stessi proprietari dei film a fare i tagli, largheggiando, e a sottoporre la versione così purgata alla com¬ missione di censura. Se approvata, quella versione resterà la "versione televisiva", quello sarà il film per il suo più vasto pubblico: per sempre, o almeno finché non cambierà la legge».


Lei trova giusto presentare l'opera di Pasolini massacrata?


«Io non lo trovo affatto giusto. Lo trovo uno snaturamento dell'opera, una forma di consumo irrispettosa e anticulturale. Quando s'è trattato di decidere se comprare oppure no la Trilogia della vita, avevo chiesto di poter prima confrontare le due edizioni, i film originali e quelli in "versione televisiva". Non s'è potuto. La rete 3 s'era innamorata dell'idea, ha voluto comunque comprare: e ora ci troviamo in una situazione a dir poco imbarazzante. E' già accaduto, naturalmente. La prima volta, credo, nel 1987, con L'ultimo spettacolo di Peter Bogdanovich, dal quale erano state tagliate certe scene sessuali. Ho sempre avvertito i telespettatori che avrebbero visto film tagliati. Lo farò anche per la Trilogia: ma stavolta è Pasolini e non sono taglietti, mancano 25-28 minuti. Gli spettatori penseranno "Ho visto il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte di Pasolini". Invece avranno visto un'altra cosa. Se Pasolini fosse vivo, tutto questo non sarebbe mai successo. Ma è morto: e i morti, come gli stranieri, non possono difendersi».


Gli eredi di Pasolini sono al corrente?


«Non so. Immagino sappiano che esiste una "versione televisiva" della Trilogia». Non sarebbe stato meglio rinunciare?


«A Pedro Almodóvar, per esempio, io ho rinunciato: del suo Matador mancavano 12-14 minuti, La legge del desiderio era ancora più mutilato. Potendolo decidere, ho deciso di non comprarli, per rispetto dell'autore e per cercare d'indurre i proprietari a difendere i film, a schierarsi dalla parte dell'autore più che di se stessi. Mi sono accorto però che esistono modi anche più ambigui per intervenire: in qualche caso la censura non chiede tagli precisi, chiede di "alleggerire" certe scene, e per "alleggerire" si ricorre alle inserzioni pubblicitarie, tagliuzzando la scena prima o dopo gli spot. Altre volte, gli autori stessi consentono i tagli».


Nel caso di Pasolini, oltre la vergogna e l'abuso mercantile e censorio c'è una contraddizione. Tutti i suoi film sono stati restaurati e ripristinati dal cinema pubblico, lo Stato ha investito per salvaguardarli i nostri soldi: e poi la tv pubblica, la Rai finanziata dallo Stato e dai nostri soldi li taglia, li mutila, li manipola?


«Questa colpa non è della Rai né della televisione: è della legge. Certo tutti noi vorremmo una tv più attenta all'opera degli autori di cinema...».


Lietta Tornabuoni. “Se questo è Pasolini «Così iproduttori l'hanno massacrato»”, La Stampa, giovedì 10 Marzo 1994, p.18.

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