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La poesia nella scuola. Un testo di Pasolini (1951)


Pier Paolo Pasolini a Roma, c. 1950-1955 © Drudi-Scialoja/Riproduzione riservata

La poesia nella scuola ha una funzione ben chiara e precisa, anche se generalmente la si giudica con molta approssimazione attribuendole dati meramente culturali o sentimentali.


A noi sembra che almeno nelle medie inferiori (ma anche, così come stanno le cose, nei Licei) lo studio della poesia non viva che ai margini della cultura, documento antelìtteram, strumento senza applicabilità, testimonianza che non trova riscontro nei fatti, se fornito senza i suoi presupposti estetici, senza le sue impostazioni filologiche e prospettato molto vagamente nello spazio storico o ambientale. Una poesia letta di per sè (come nelle medie inferiori) o approssimativamente orientata (come nelle superiori), acquista valori diversi, si isola ‘in un tempo non oggettivamente suo, si che, pur arricchendosi di inaspettate suggestioni e di suggerimenti spesso perentorii, non rientra in una forma di cultura, nemmeno schematica, anzi è nella maggior parte dei casi la cultura falsa con cui si esce dai Licei e di cui vive poi il professionista. Ugualmente inattendibile si presenta la opinione di chi dà alla studio della poesia una qualificazione meramente pedagogica, quasi chè la lettura di un testo poetico avesse un valore di esempio, proprio nel senso plutarchiano della parola; la gravità di questo equivoco è documentata dalla scelta dei testi « edificanti » da «L’Aquilone» del Pascoli, giù fino alle latebre del più basso romanticismo. Certo, per l’imparzialità non potremmo escludere del tutto dalla lettura della poesia, come funzione educatrice, anche un aspetto culturale (ma in tal caso sono da sfruttarsi e da chiarire quegli elementi culturali, in specie linguistici, che lievitano allo stato di pura suggestione da una lettura isolata) e un aspetto sentimentale, se però all’attributo si dia un senso rigido di « educazione sentimentale», in modo che la purezza, la generosità, la religiosità ecc, non risultino come «esempi dal contenuto di una poesia letta illecitamente a un suo stadio logico, aneddotico (a proposito, quando il crocianesimo entrerà nelle scuole? Tutti i giovani insegnanti, costituzionalmente, anche se talvolta inconsciamente, di formazione crociana, davanti a una scolaresca, per qualche ignoto complesso, sembrano riprendere la tradizione dei loro vecchi professori degni del «Cuore»); al contrario, i cosiddetti sentimenti nobili, elevati - ossia l’eco di un’umanità rivolta finalmente a interessi non pratici - deve essere suggerita agli scolari proprio attraverso un’interpretazione formale, cioè girando davanti ai loro occhi , quasi con un rudimentale rallentatore filologico, l’operazione poetica, che è sempre una metafora, un passaggio da un’ordine sentimentale e un ordine linguistico.


Se dunque da questo esame per esclusione risultano già almeno in parte i valori da scoprire nella lettura di un testo di poesia nella scuola, che sono valori soprattutto propedeutici (un testo diviene una monade in cui si concretano e trovano una forte vita fantastica, vasti e essenziali motivi culturali e psicologici) è chiaro che si vuol dare intanto allo studio della poesia un carattere critico, almeno in nuce. In termini pedagogici questo studio è strettamente complementare a quella della grammatica e della sintassi, a parte la maggiore altezza dell’ esercizio. Ecco allora che può chiarirsi la funzione della poesia nella scuola come coscienza linguistica, come iniziazione all’inventio, dopo il chiarimento grammaticale, sintattico e fraseologico dell’istituzione linguistica, dell’inventum.


Ma se si tien conto che a ogni approfondimento sentimentale, a ogni scoperta interiore, corrisponde un approfondimento e una scoperta linguistica, «e viceversa., si vedrà quale ulteriore importanza può avere una poesia il cui funzionamento sia così inteso, quando giunga a mettere in movimento il meccanismo mentale che conduce dalla introspezìone alla espressione, e quindi dall’espressione all’introspezione. Ecco un preciso compito pedagogico, addirittura profilattico nell’ordine d'ella salute sentimentale, quando il risultato sia una presa di coscienza e un superamento dall’istinto e dell’abitudine, che conducono il ragazzo ad accorgersi di sè.


Ma che testi poetici saranno di lettura consigliabile in una scuola media? La risposta è semplice se si pensa che devono essere soprattutto insegnamenti di lingue, esempi di metafora, di trascrizione e d’invenzione: ecco dunque che quei testi saranno da scegliersi tra quelli dei poeti viventi, che usano una lingua viva non solo come lessìco ma proprio come concezione dell’uso espressivo e come scelte dei sentimenti da esprimersi in una tonalità che è per definizione attuale.


L’insegnamento della poesia è dunque assai indicativo dall’angolo visuale strettamente didattico specialmente se si inserisce la questione nel giro della problematica proposta con insistenza e passione dagli «attivisti»; anzi è proprio nell’esaminare in termini didattici le caratteristiche di una lettera di poesia che la tradizione autoritaristica e l’innovazione attivistica (il metodo «europeo» e il metodo «americano», secondo le generalizzazione del Foerster) mettono in luce i loro dati profondi.


È ben pacifico infatti che il commento di una poesia letta a ragazzi di dodici anni rischi di divenire la cosa più assurda e innaturale del mondo, se inteso e effettuato secondo un qualsiasi principio d’autorità (sia filologico che estetico, o grammaticale e moralistico); che, didatticamente, divenga imposizione. Ma è anche pacifico che un ragazzo di dodici anni non è in grado di partecipare attivisticamente (cioè con un intervento diretto di qualche efficacia o con quei mezzi che certa scuola attivistica superficiale offre gratuitamente e ingenuamente) alla traduzione di una poesia in termini logici e in parafrasi equivalenti. È allora equo che l’insegnante ricorra a un clemente principio d’autorità (che potrebbe essere: necessità della poesia come il più alto mezzo di comunicazione in una società e come il più certo modo di chiarificazione), e che nello stesso tempo susciti nell’allievo quella curiosità e quella passione che, naturalmente, eliminino la. fatica di un’attenzione «passiva».


Pier Paolo Pasolini Poesia nella scuola, Il Popolo di Roma, 28 settembre 1951
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