Stringo un patto con Te Walt Whitman
Ti detesto ormai da troppo tempo.
Vengo a Te come un fanciullo cresciuto che ha avuto un padre dalla testa dura.
Sono abbastanza grande ora per fare amicizia.
Fosti Tu ad intagliare il legno.
Ora è tempo di abbattere insieme la nuova foresta.
Abbiamo un solo stelo ed una sola radice.
Che i rapporti siano ristabiliti tra noi.
Venezia, 26 ottobre 1967.
Si incontrano per la prima volta Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound, due tra i maggiori rappresentanti della poesia contemporanea: Gianfranco Contini, consapevole dell'eccezionalità dell'evento, chiede alla RAI di filmare l'incontro (che verrà poi trasmesso sul Secondo Canale, nella rubrica Incontri di Vanni Ronsisvalle, il 7 giugno 1968).
Pound è ormai anziano e affaticato, apparentemente indifferente al peso della vita e delle vicissitudini attraversate, dall'esperienza di detenzione nel manicomio criminale di St. Elizabeths di Washington, dalle accuse di tradimento nei confronti del proprio Paese, l'America, per appoggiare il regime fascista. Pier Paolo Pasolini è invece un scrittore e regista che proprio in quegli anni iniziava finalmente a godere i frutti di un lavoro a lungo criticato, bistrattato, se non apertamente schernito dai benpensanti di un'Italia fino a poco prima del tutto impreparata a cogliere la sensibilità, il coraggio, la lucidità della sua ricerca espressiva e stilistica di narratore.
L'incontro tra Pasolini e Pound non è solo l'incontro fra due figure rivoluzionarie, sebbene idealmente antitetiche. È il confronto fra due poeti e fra due uomini legati a doppio filo da un rapporto di amore e odio, di pesanti eredità intellettuali, di conflitto e contatto, giunto al punto di doversi tradurre in una riconciliazione formale che ha il sapore di un simbolico passaggio di testimone. Due irregolari, due outsider, due anticonvenzionali accomunati dalla scelta di mettersi in gioco in prima persona senza risparmiarsi. Un filo riannodato sulla traccia dei versi di Pound, che Pasolini ridisegna e fa propri in una rilettura di rara e toccante intensità.
Sono a confronto, infatti, due personalità solo apparentemente divergenti: se l'ars di Pound è legata all'America dei pionieri, Pasolini attinge altresì "dal basso", rifacendosi al mito dell'Italia rurale e contadina, mito che troverà in Teorema - pellicola che girerà proprio di lì a poco - ampio sviluppo.
Così lo scrittore friulano commenterà qualche anno dopo, sulle pagine della rivista "Tempo" (5 aprile 1974), l'incontro veneziano:
Pound chiacchiera nel cosmo. Ciò che lo spinge lassù con le sue incantevoli ecolalie è un trauma che lo ha reso perfettamente inadattabile a questo mondo. L'ulteriore scelta del fascismo è stata per Pound un modo sia per mascherare la sua inadattabilità, sia un alibi per farsi credere presente. In che cosa è consistito questo trauma? Nella scoperta di un mondo contadino all'interno di un mondo industrializzato, di molti decenni in anticipo sull'Europa. Pound ha capito, con abnorme precocità, che il mondo contadino e il mondo industriale sono due realtà inconciliabili: l'esistenza dell'una vuol dire la morte (la scomparsa) dell'altra.
Un’ora con Ezra Pound (1968) RAI- Ronsisvalle Vanni
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