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La nuova letteratura. un'intervista a Pier Paolo Pasolini (1955)

Aggiornamento: 16 feb 2022

Nato a Bologna nel '22, vissuto un po' dappertutto nell'Italia padana. Laureato in lettere a Bologna. Dal '43 al '49 vive in Friuli, a Casarsa. Dal '49 vive a Roma. Suo fratello Guido muore nei monti della Venezia Giulia, nel '44, combattendo per la libertà.


Opere: Poesie a Casarsa (Bologna,1942); Diarii (Casarsa, 1945); I pianti (ib., 1946), Dov'è la mia patria (ib., 1948), Nel cuore di un fanciullo (Tricesimo, 1953); Antologia della poesia dialettale del '900 (Guanda, 1952), Dal diario (Caltanissetta, 1954), La meglio gioventù (Sansoni, 1954); Il canto popolare (La meridiana, 1954); Ragazzi di vita (Garzanti, 1955). Sta per uscire in questi giorni presso Guanda una Antologia della poesia popolare italiana, mentre presso la Mondadori, nella collana dello Specchio, è in preparazione una raccolta di poemetti, L'umile Italia.





Dei miei critici vorrei ricordare Contini, che è stato il primo e il determinante.

Non posso precisare il canone estetico a cui aderisco perché è un "lavoro in corso".

Deduco i miei temi dagli ambienti in cui sono vissuto: il Friuli e la periferia di Roma.

Il narratore italiano contemporaneo che prediligo è Carlo Emilio Gadda.

Lo straniero è Proust.

Pare che il mio romanzo Ragazzi di vita sia intraducibile.

Sto lavorando in questo periodo a un nuovo romanzo, Una vita violenta: l'ambiente è sempre quello della periferia di Roma (precisamente Pietralata) è il protagonista sempre un ragazzo, Tomassino, non sano né bello: condannato quindi a una storia interiore, per quanto disordinata e violenta. Mi occupa anche molto la redazione di Officina.

Dei narratori italiano giovani mi interessano specialmente Bassani e Calvino.

Attività letterarie. Ho insegnato, e spero ora di lavorare per il cinema, come ho timidamente incominciato.

Sono, come dire, "gramsciano"... È una definizione possibile? Comunque, la mia indipendenza non è né voluta né amata: è coatta e dolorosa. Vorrei poter scegliere.

La vostra è una pretesa eccessiva: di esperienze singolari ne ho avute a centinaia. Non saprei come relazionarne una ad uso del Caffè.

I letterati devono partecipare alla cita politica, con i loro mezzi, s'intende, ossia con tendenze piuttosto verso la contemplazione che l'azione. Oltre tutto, non impegnarsi almeno in un tentativo di capire, è indizio di mancanza di amore e di umiltà, presuppone una mistica e una morale ontologica alla letteratura che potevano andare benissimo prima della guerra.


PPP. La nuova letteratura. Ai cerchi, pagine escluse di Ragazzi di vita. Il Caffè Politico e Letterario, n.12, cicembre 1955, pp.16-17


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