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  • Immagine del redattoreCittà Pasolini

Poiché Pasolini era indispensabile alla scena italiana. L'assenza di oggi addolora e indispettisce. Laura Betti.

Aggiornamento: 8 gen


Pier Paolo Pasolini con Laura Betti durante le riprese del film Mamma Roma (1962) ABC © Riproduzione riservata

L'Italia ha ancora paura di Pasolini? A dieci anni dalla sua scomparsa, sembra si parli sempre meno di lui, si abbia meno bisogno del luterano, del martire e del santo. Che cosa è successo?

È in scena al Carignano Orgia diretta da Mario Missiroli. La commedia giunge da Parigi, dove è stata rappresentata nell'ambito del Festival d'Automne. Ha richiamato molta folla, ha raccolto molto rispetto. Non solo: è stata visitatissima una mostra di disegni e dipinti dello scrittore e, nei dibattiti, tutti discutevano, s'infervoravano, capivano.

Lo dice Laura Betti, protagonista dello spettacolo insieme con Alessandro Haber e Daniela Vitali. Il suo nome è stato legato per molti anni a quello di Pasolini e oggi è la persona che, più d'ogni altra, tiene viva l'immagine dello scrittore con una passione che alcuni definiscono totale. Si deve a lei la nascita dell'Associazione Fondo Pasolini in cui è raccolta quasi tutta la produzione dello scrittore. Il Fondo è stato promotore della grande manifestazione parigina ed ha in progetto di salvare i film di Pasolini che, sembra, corrono il rischio di andar persi o distrutti.

La prima persona sorpresa della straordinaria accoglienza francese alle manifestazioni pasolianiane è stata proprio lei. L'episodio, per contrasto, contribuisce a dare ulteriore risalto a quella specie di esilio ideologico di cui sembra vittima la memoria dello scrittore.

«Esiste questa rimozione - dice la Betti -. Non so a che cosa possa essere attribuita. La scomparsa di Pasolini è stata una scomparsa italiana, poiché Pier Paolo era indispensabile alla scena italiana. L'assenza di oggi addolora e indispettisce. Ho idea che l’assassinio pesi ancora, pesa sulle coscienze, e non possiamo scartare l'ipotesi di un senso di colpa collettivo».

Come mal in Francia il nome di Pasolini è cosi presente?

«In Francia è accaduto un fenomeno strano. La Francia, fino a gualche tempo fa, era riduttiva nei riguardi di Pier Paolo. Pasolini era un nome di scandalo e, soprattutto, era un uomo di cinema. La manifestazione di Parigi ha avuto un segno culturale immenso, ha rivelato un grandissimo rispetto per Pier Paolo e gli ha restituito l’identificazione di poeta. Finalmente, l'idea dello scandalo si sta allontanando ed è nato il rispetto per la creatività». L'Idea di mettere in scena per le celebrazioni pasolinlane Orgia è stata di Laura Betti. Come mai, fra tutte le opere teatrali di Pasolini ha scelto proprio questo dramma? «Rifare Orgia non mi convinceva. Lo spettacolo richiede fatica, implica un rapporto con l'analisi che non amo, esige che si scenda nelle paludi psicologiche, tanto die non riesco ad andare in scena con tranquillità».

«Ma c'era anche una spinta positiva»- spiega l'attrice.

«Nessuno saprà mai com'era la regia di Pasolini nel '68, neppure coloro che videro lo spettacolo. Tutti furono molto ingiusti con la commedia. Tre mesi prima del debutto, Pier Paola aveva scritto la poesia II PCI agli studenti in cui attaccava il Maggio francese e il movimento studentesco. Quella poesia non gli fu perdonata e la sera, quando recitavamo, ci trovavamo in sala persone che arrivavano armate di trombe. Ciò impediva di capire che cosa fosse effettivamente Orgia. Che giudizio bisognasse dare dello Spettacolo non so, è come se Orgia non fosse mai stata rappresentata. Quel conto è rimasto sospeso, non volevo che su Orgia restasse una pietra di quel tipo».

E' una forma di riparazione, un'adesione appassionata ad un'opera e ad uno scrittore in rischio di eclisse.

«Ma io non sono una vestale - obietta l'attrice - Ho costituito il Fondo, al quale pensavo di dedicare soltanto un po' del mio tempo. Invece la manifestazióne di Parigi mi ha assorbita totalmente, per organizzarla ho dovuto rinunciare a due film. C’è da aggiungere che il Fondo ha bisogno di quattrini per sopravvivere, ed io sono una cattiva cercatrice di denaro. Se le sovvenzioni arriveranno, bene; altrimenti dovrò scioglierlo e magari regalerò l'archivio a qualche università, forse ad un'università inglese».

La sua fedeltà, a Pasolini è stata dunque esagerata?

«Non so se è fedeltà. È qualcosa di più semplice e, insieme, di più complesso. È solo una questione di rapporto, e quando un rapporto è stato uguale al mio non credo che possa finire. Però divento furiosa quando mi vedo calata troppo in queste cose. Il mio rapporto con Pier Paolo ha molto bisogno di silenzio. A volte mi chiedo: cos'è questo chiasso? Ma mi rendo conto che l'ho fomentato io».

C'è quasi una forma di rassegnazione in lei. Ha un guizzo d'orgoglio quando dice:

«Ho spiato con tenerezza alcuni radicalissimi nemici di Pier Paolo che si sono messi a leggerlo e l'hanno scoperto»;

ma poi ricade in un calmo fatalismo e, ammettendo che in passato:

«c'è stato troppo chiasso di cornacchie»,

enuncia quella che, per lei, è la verità suprema:

«Pasolini è una persona cui l'Italia deve molto, è uno scrittore che si è sempre espresso con la lingua della poesia, quando vorranno valutarlo e capirlo, si accomodino. Accadrà quel che accadrà».

Luisella Re. Il nudo e la rabbia. Cinema, aborto, anticonformismo in un dialogo con lo scrittore. Progetti per il futuro? Il libro-summa delle mie esperienze, La Stampa, 9 gennaio 1975

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