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Pasolini prepara il suo esordio come regista. Archivio Luce, filmato (1961)

Immagine del redattore: Città PasoliniCittà Pasolini

Aggiornamento: 26 nov 2020


27 marzo 1961. I giornalisti sono incuriositi dall'esordio come regista di Pier Paolo Pasolini. Opinioni favorevoli, e tante altre non tanto puntano sul passaggio del poeta alla regia. Nei bar di via Veneto a Roma si apre il dibattito sul nuovo mestiere dell'autore. Assistiamo a un momento culturale cruciale del cinema italiano, la discussione sul rapporto fra letteratura e cinema.


"D'accordo, sa scrivere anche dei buoni soggetti e imbastire delle ottime sceneggiature - dicono i soliti intenditori attorno ai tavolini dei bar di via Veneto - ma come si può improvvisare registi dall'oggi al domani? E poi, tutto sommato uno scrittore è uno scrittore. Guai se quelli che hanno successo con i loro romanzi, vogliono dettar legge mettendosi dietro una macchina da presa! Andrà a finire che non ci sarà più posto per quelli che vengono dalla gavetta facendo l'aiuto regista in una serie interminabile di film o per tutti coloro che hanno le carte in regola avendo frequentato il corso del Centro Sperimentale."

La notizia dell'imminente debutto nella regia del noto e discusso romanziere P.P.Pasolini va suscitando molte chiacchiere nell'ambiente dei giovani che aspirano a diventare i rappresentanti di una ennesima nouvelle vague italiana. Per contro si sentono anche pareri abbastanza favorevoli sulla nuova impresa cinematografica dello scrittore. C'è chi afferma, ad esempio, che è ora di finirla con tutto il presunto mistero che circonda il talento di molti registi affermati. Oltre il cinquanta per cento di loro meriti sarebbe dovuto alle qualità specifiche o all'esperienza dei rispettivi operatori.

Indipendentemente da queste contrastanti opinioni, una cosa è certa: Pasolini dirigerà l'Accattone di cui è anche l'autore e lo sceneggiatore. "Il film ha un soggetto scabroso - egli dice - contiene una velata polemica sociale, ma non avrà certamente noie dalla censura perché non c'è neppure una scena a carattere erotico: la tesi del mio film è che ogni essere umano può arrivare a una salvezza morale e ad una luce di coscienza".

Pasolini ha già esordito - in qualità di attore dando vita a uno degli interpreti del Gobbo. Egli non aveva comunque mai pensato alla possibilità di mettere in evidenza anche le sue insospettate doti drammatiche. Fu Lizzani che lo convinse. Pasolini confessa invece che fin dai tempi della sua prima giovinezza ha sempre desiderato di poter fare il regista. in un primo tempo voleva iscriversi al Centro Sperimentale, ma poi fu preso dalla sua attività letteraria. I "grandi" ai quali si ispira sono due: Chaplin e Dreyer. Tra gli italiani considera "inimitabile" Fellini. D'altra parte "L'apice massimo del decadentismo" per Pasolini è rappresentato da Visconti.

I protagonisti del film che ora sta per dirigere saranno tutti presi dalla vita. Eccezione fatta per qualche scena in interni, sarà girato per intero a luce naturale, senza riflettori e false luci. "Farò - dice l'esordiente regista - anche se non sono padrone della tecnica cinematografica, un film rapido, stretto, senza pause, che sia insomma l'opposto dei film e dello stile di Antonioni".

Pur evitando scene e compiacenze più o meno erotiche, l'Accattone non sarà certamente un film per educande. Ambientato nel sottoproletariato romano, presenterà la storia di un giovane che vive a lla giornata, senza lavoro, privo di qualsiasi orientamento morale di nome Accattone, il quale è però mantenuto da una prostituta. Egli si sente umiliato da questa situazione e vorrebbe poterne uscire, rendendosi indipendente. In seguito, preso dalla disperazione, deciderà di rubare, ma suggendo alla polizia morirà durante una pazza corsa in moto.

La tragica fine del giovane - afferma Pasolini - rappresenta il suo punto massimo di arrivo, in quanto egli non avrebbe né i mezzi né le forze, data la sua condizione sociale troppo depressa, di redimersi completamente per ricominciare quella nuova vita cui aspira.

Un articolo da "La Stampa"

 
 
 

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